L’invito di rav Mirvis: “Vita ebraica, è tempo di costruire nuovi percorsi”
La pandemia ha stravolto, tra le tante cose, anche la vita ebraica e delle singole comunità, segnandone infrastrutture e istituzioni. Ma questo stravolgimento deve essere tradotto in un’opportunità per reimmaginare il modus operandi delle organizzazioni ebraiche. A scriverlo, il rabbino capo di Gran Bretagna Ephraim Mirvis in una riflessione pubblicata di recente sul Jewish Chronicle e legata all’anniversario dell’inizio della pandemia. Secondo il rav, le comunità ebraiche devono, a causa della crisi, pensare ad un “cambio di paradigma”. “All’inizio del XX secolo, – si legge nel suo editoriale – la maggior parte delle nostre ‘case di culto’ erano poco più di questo: luoghi di preghiera formale e congregazionale. Più recentemente, li abbiamo sviluppati in centri di eccellenza religiosa, educativa, sociale e culturale ebraica. […] Tuttavia, credo che questo sia un momento storico in cui dobbiamo considerare come le nostre comunità dovrebbero evolvere ancora una volta, per consegnare nel modo più efficace la nostra preziosa eredità ebraica alla prossima generazione”.
Secondo il rav è necessario imparare da quanto accaduto in questo anno di emergenza sanitaria, e non ignorare i suoi diversi risvolti. “Solo nell’ambito del culto sinagogale, il numero di lezioni che sono state apprese nell’ultimo anno è stato considerevole. Abbiamo imparato che c’è qualcosa di prezioso negli eventi con una maggiore accessibilità online, nelle riunioni fisiche più piccole e nelle celebrazioni meno ostentate”. In particolare Mirvis invita a continuare a trarre beneficio da quella che definisce “la rivoluzione dello zoom”, ovvero la vita online da affiancare a quella fisica. “Spesso la presenza fisica migliora significativamente l’ispirazione che riceviamo, quindi alcuni eventi dovrebbero rimanere esclusivamente di persona. Altri dovrebbero essere esclusivamente online, mentre molti dovrebbero sicuramente essere eventi ibridi, in modo che un pubblico globale possa beneficiarne”.
Riguardo al tema delle preghiere, il rav aggiunge che nel corso di questo periodo di sospensione della normale vita in sinagoga le persone hanno dimostrato di apprezzare momenti di raccoglimento più personali. E per questo, oltre ai servizi al tempio, “dovremmo accogliere e incoraggiare quelli nelle case e nei giardini”.
A proposito di casa, Mirvis spiega che la pandemia ha reso evidente la sua centralità nelle nostre vite, ma anche “nel garantire il nostro futuro ebraico”. Per questo “dobbiamo incoraggiare e ispirare le famiglie a pensare alla casa come al palcoscenico centrale su cui si svolge la vita ebraica, per assicurare che sia il centro più significativo della continuità”. Altro elemento da non dimenticare, l’importanza delle persone. “Riconoscendo che non tutti gli itinerari debbano iniziare e finire in un particolare edificio, è tempo di fare ancora di più per raggiungere le persone ovunque si trovino a casa, a scuola, nei campus, sul posto di lavoro e persino nei parchi in ambienti in cui le persone si sentono più a loro agio e inclini ad appoggiarsi a preziose esperienze ebraiche. Molte meravigliose organizzazioni comunitarie che abbiamo la fortuna di avere fanno già un grande lavoro in tutte queste aree, ma dobbiamo puntare ancora più in alto e, laddove possibile, dovremmo essere più uniti per ottenere il massimo impatto”. In particolare, evidenzia il rabbino capo di Gran Bretagna, questo momento di grandi rivolgimenti deve essere un’opportunità per “rifocalizzare la nostra attenzione su un elemento chiave e centrale della vita ebraica: il potere della spiritualità”.
“Date a una persona un grande kiddush e forse frequenterà la shul una volta, ma datele una potente esperienza di Kabbalat Shabbat e si impegnerà per il resto della sua vita”, sottolinea rav Mirvis. “Infine non dobbiamo mai dimenticare il potere di una comunità che si preoccupa, che ci sostiene e fornisce una rete di sicurezza essenziale, che ci prende se cadiamo”. In Gran Bretagna, e non solo, le comunità ebraiche si sono messe in moto per garantire alle persone in difficoltà un sostegno economico. I servizi sociali e di volontariato sono stati implementati. E tutto questo lavoro, spiega Mirvis, non deve essere disperso. “Nei prossimi anni, questa rete di sicurezza continuerà ad essere messa alla prova come mai prima d’ora. La nostra comunità ha già dimostrato di essere all’altezza di questa sfida generazionale e sono stato immensamente orgoglioso di questi sforzi, ma c’è ancora molto lavoro da fare per assicurare che nessuno si senta lasciato indietro”. “Questo è un momento storico. – la sua conclusione – L’appello del momento è quello di un attento esame di ogni sfera della vita comunitaria ebraica in modo da poterci adattare al paesaggio che cambia. Ognuno di noi può contribuire a rispondere a questa chiamata dando se stesso alla comunità in qualche modo. Non è esagerato dire che il nostro futuro collettivo dipende da questo”.