Natalia e Tosca
Le dieci interviste che ho fatto per la Shoah Foundation, da marzo a settembre del 1998, sono abbastanza diluite nel tempo, ad almeno una decina di giorni l’una dall’altra, spesso molto di più. C’è un’unica eccezione: Natalia Tedeschi intervistata il 5 giugno e Fausto Tagliacozzo con sua moglie Lia Montel intervistati il 7 giugno. Una vicinanza casuale, dovuta a qualche ragione pratica che non ricordo. Una cosa era certa: Natalia era l’unica ebrea torinese deportata ad Auschwitz che ancora non era stata intervistata ed era in grado di parlare, anche se inizialmente si era rifiutata; poi improvvisamente si era decisa e bisognava approfittarne prima che cambiasse idea. Mi ero trovata così a intervistare Natalia avendo fatto uno o due giorni prima la preintervista a Fausto (ed è l’unica volta in cui mi è capitato che due interviste si siano incrociate). Trascrivendo, come di regola, i fatti principali, avevo appreso le circostanze della deportazione dei suoi genitori, Gino Tagliacozzo e Tosca Di Segni, e della liberazione e del ritorno di Tosca, che a un certo punto si era trovata a viaggiare in compagnia di altre tre ebree italiane. Durante l’intervista anche Natalia mi racconta una storia simile: che era stata liberata a Theresienstadt e che aveva compiuto un avventuroso viaggio di ritorno in compagnia di tre italiane, tra cui una certa Tosca di Roma. Credo di aver fatto un balzo sulla sedia e mi tremavano le gambe: possibile che mi trovassi proprio di fronte a una delle tre compagne di viaggio della madre di cui mi aveva parlato Fausto il giorno prima? Proprio così, come abbiamo verificato poi due giorni dopo quando Fausto ha ripreso in mano il diario di Tosca, che a un certo punto elenca puntualmente i nomi (“Sono le due pomeridiane ed eccoci in cammino, con lo zaino in spalla dirette per Sopron. Siamo in quattro: Anna Cassuto di Firenze, Natalia Tedeschi di Torino, Avazaredel Clara di Rodi ed io Tosca Di Segni in Tagliacozzo di Roma; tutte animate di coraggio e pronte a sorpassare qualunque ostacolo pur di arrivare presto a casa nostra!”).
Ho ripensato spesso a quella coincidenza: e se Fausto non fosse venuto a vivere a Torino? E se le interviste a Fausto e a Natalia fossero state affidate a due persone diverse? E se non mi fossero capitate a due giorni di distanza l’una dall’altra? E se la madre di Fausto avesse avuto un nome meno insolito di Tosca? Forse Natalia non avrebbe mai saputo che la sua compagna di viaggio era la madre di una persona che lei conosceva (la moglie di Fausto, Lia Montel, fino all’anno precedente era stata la Presidente della Comunità di Torino). Naturalmente non ho potuto fare a meno di ripensarci ieri sera durante e dopo la presentazione del libro Il ritorno di Tosca. Auschwitz – Roma – Eretz Israel – Roma (Zamorani editore), che contiene il diario e gli scambi di lettere della famiglia in quegli anni, curato da Giordana Tagliacozzo, nipote di Tosca. Una presentazione interessantissima e commovente, dopo la quale ho sentito il bisogno di andare a leggere le pagine in cui Tosca racconta il viaggio verso Roma, e contemporaneamente ho sentito il bisogno di riguardarmi la parte della mia intervista in cui Natalia Tedeschi racconta il suo ritorno a Torino. Ho ritrovato non solo gli stessi luoghi e fatti, ma anche lo stesso tono, la stessa atmosfera. Come se Natalia e Tosca dialogassero a distanza.
Non credo che questa coincidenza dimostri niente. Per un filo della memoria parzialmente riannodato chissà quanti sono andati perduti. Quante persone non hanno voluto parlare o non sono state ascoltate abbastanza. Altri fili forse sono ancora lì che aspettano di essere riannodati. Forse non è troppo tardi.
Anna Segre