“Salviamo la sinagoga di Tripoli”

Nella massima segretezza le autorità locali stanno trasformando l’antica sinagoga di Tripoli Sla Dar Bishi in un moderno centro di cultura islamico. Le grida vuote degli antenati che hanno pregato lì e lì sono sepolti devono essere ascoltate affinché riposino in pace e la Libia stessa possa ritrovare la pace.
La recente visita del Presidente del Consiglio Mario Draghi ha riacceso l’attenzione sulle vicende del Paese. Quale rappresentante dell’Organizzazione mondiale degli ebrei di Libia, negli ultimi tre mesi mi sono impegnato a far luce su qualcosa che sta accadendo in maniera furtiva. Da fonti sicure ho ricevuto delle informazioni che ne dimostrano la gravità.
Dai filmati e dalle foto inviatemi da persone e diplomatici del posto, dopo vari tentativi a vuoto, appare evidente che nella sinagoga stanno avvenendo dei lavori. Lo scopo l’ho scritto sopra.
Visto che adesso non c’è nessun ebreo che vive a Tripoli e visto che il potere è in mano alle autorità locali (leggi: milizie), si è pensato bene di violare la nostra proprietà e la nostra storia. È chiaro l’intento di approfittare del caos e della nostra assenza.
La sinagoga è il testamento degli ebrei, di come sono da sempre attaccati alla Torà e alla preghiera, il capitale di 2000 anni di presenza. È impensabile che un nostro luogo sacro sia destinato ad altri scopi. I nostri antenati, sepolti sotto le autostrade a causa della distruzione del cimitero ebraico operata da Gheddafi, piangono per riposare in pace e chiedono giustizia.
Quel che sta avvenendo è contrario ai principi dell’Unesco e della memoria della storia della Libia. Dentro la sinagoga hanno pregato i nostri nonni e antenati ed è importante che si mantenga il luogo sacro intatto e non si permetta ai libici di trasformare tutto, come è accaduto con Gheddafi che ha tentato di cancellare la nostra storia. Le nostre sinagoghe sono state trasformate in moschee o in centri di documentazione. È già accaduto con la Sla Dar Serussi, dove oltre a pregare si studiava al centro rabbinico del Talmud Torà. Avevamo sinagoghe, cimiteri, mikvaot, centri di studio e tutto è stato distrutto. Poche cose ancora sono in piedi.
Gli ebrei e i musulmani vengono dalla stessa radice, che è quella del padre comune Abramo. Entrambi appartengono alla religione monoteista. Il profetta Maometto raccomanda di rispettare l’ebraismo. I libici non si rendono conto che così facendo si pongono in continuità con quanto avviato da Gheddafi: un’opera di cancellazione non soltanto della storia degli ebrei di Libia, ma anche di parte della storia stessa della Libia di cui gli ebrei, pur come minoranza, sono stati parte. La comunità ebraica libica ha contribuito attraverso la cultura, l’arte, la tradizione, il commercio, l’innovazione, l’imprenditorialità, l’artigianato, il folklore e anche l’architettura.
Ho scoperto solo di recente, grazie a una interessante conferenza dell’ingegnere Jack Arbib, che la sinagoga Sla Dar Bishi è stata progettata da un ebreo italiano nato a Tripoli, Umberto Di Segni, figlio del professor Vittorio Di Segni che insegnava nelle scuole italiane. L’architetto Di Segni era stato incaricato dal governo di progettare una sinagoga “decorosa”, che venne costruita ispirandosi al Tempio Maggiore di Roma. La nuova sinagoga diventò il luogo “di prestigio” per accogliere le personalità ufficiali. Infatti venne visitata da Italo Balbo, dal Principe Umberto, da Mussolini, da Vittorio Emanuele III re e poi imperatore di Italia. I fascisti volevano fare vedere quanto erano buoni con gli ebrei.
Gheddafi, dopo aver preso il potere con un colpo di stato il Primo settembre 1969, ha vietato agli ebrei di rientrare in Libia  anche solo per vendere i propri beni o per visitare il loro paese di origine. Ha inoltre confiscato i beni individuali e collettivi. Il motivo principale è stata la sconfitta dei paesi arabi e la vittoria di Israele a seguito della guerra dei sei giorni del 1967 (Gheddafi era un grande ammiratore di Nasser, il leader egiziano). Per lui gli ebrei di Libia erano “colpevoli” e “complici del regime sionista che opprime i palestinesi”. In realtà ha solo preso i nostri beni e non ha mai dato nulla ai palestinesi né mai fatto atti concreti per sostenerli. Ha solo strumentalizzato la loro storia per demonizzare Israele e impossessarsi in maniera illegittima delle nostre proprietà e continuare a restare al potere terrorizzando gli stessi cittadini libici residenti in Libia. Chi si opponeva veniva giustiziato o doveva scappare all’estero (dove però poteva venir scoperto e ucciso attraverso i “suoi inviati della morte”, così li chiamavano).  
Un popolo viene riconosciuto dalla propria storia, cultura, dai monumenti, dall’architettura, dalle proprie tradizioni, dalla propria lingua ed dal proprio folklore… Non soltanto all’epoca di Gheddafi le sinagoghe sono state trasformate in moschee ma anche la grande cattedrale di Tripoli ha subito la stessa sorte. Sia a Tripoli che a Bengazi e in altre città i cimiteri sono stati distrutti a trasformati in autostrade oppure semplici piazze, sotto le quali riposano i nostri cari senza pace. Adesso sta avvenendo questa nuova ingiustizia a distanza di 54 anni. Le autorità locali della città vecchia di Tripoli, “Medina Cadima”, stanno operando in maniera segreta e non è dato a nessuno di entrare all’interno per monitorare la situazione. 
Per questo motivo l’Organizzazione mondiale degli ebrei di Libia chiede di fermare immediatamente questa trasformazione e di lasciare intatta la sinagoga di Tripoli con la speranza che un giorno possa essere restaurata. Non esistono ebrei in Libia adesso, ma ciò non significa che in un futuro di pace e sicurezza gli ebrei di Libia o gli ebrei discendenti di ebrei di Libia non possano tornare a visitare le loro radici e le radici dei propri cari, pregare nella sinagoga e pregare per i cari sepolti sotto i palazzi, sotto le piazze e sotto le autostrade.
Le speranze ispirate dal Marocco e da altri paesi arabi che hanno normalizzato i rapporti con Israele possono farci augurare che un giorno anche la Libia sentirà la convenienza di normalizzare i rapporti con Israele e i libici e i discendenti degli ebrei di Libia. In una regione travagliata da conflitti interreligiosi, l’Italia, l’Onu e l’Ue devono esigere la creazione di un clima diverso per quanto riguarda la libertà di religione oltre ad ottenere specifiche garanzie sulla tutela dei luoghi di culto. L’Organizzazione mondiale degli ebrei di Libia esprime preoccupazione per la sorte della sinagoga di Tripoli e teme che si perda un luogo riconosciuto dall’Unesco, costruito dall’architetto italiano Di Segni, che è l’eredità ebraica in Libia, legata a doppio filo all’Italia. Bisogna prendere esempio dalla straordinaria dinamica dei Patti di Abramo, siglati tra Israele e sei Stati arabi. Siamo in una geopolitica che ha cambiato non solo marcia. L’Italia e l’Ue avrebbero grandi interessi ad andare in questa direzione, creando una nuova dinamica in varie regioni e riportando un clima di benessere, pace, sicurezza e stabilità nel Mediterraneo. La sinagoga Dar Bishi è un capitale storico di grande portata e mantenendolo intatto, e magari aggiungendo nel retro una parte dedicata a un museo, saranno per primi i libici a guadagnarne. Chissà se sta cambiando qualcosa dopo tanta ingiustizia che non è mai andata in prescrizione. Preferisco avere fede in D.O e fiducia nella trasformazione. Come ha detto David Ben Gurion, “chi non crede nei miracoli non è realista”. Il tempo lo dirà.

David Gerbi, psicoanalista, rappresentante dell’Organizzazione mondiale degli ebrei di Libia

(Nelle immagini, dall’alto in basso: una foto d’epoca della sinagoga Dar Bishi durante una visita ufficiale; l’esterno dell’edificio; David Gerbi durante la sua avventurosa visita del 2011)

(9 aprile 2021)