Controvento
Carnegie Hall canta la Shoah

Ho conosciuto Ute Lemper nel 2014, qualche mese dopo “I violini della speranza”, il mio primo concerto sulle musiche della Shoah realizzato in collaborazione l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma e con l’UCEI – e qui il mio commosso ricordo va a Renzo Gattegna, che promosse con fermezza l’iniziativa. Il regista Marco Visalberghi, che stava producendo un film su Francesco Lotoro, mi propose di collaborare con questo straordinario ricercatore di musiche composte nei campi di concentramento, e nacque l’idea di “Tutto ciò che mi resta”, una antologia di melodie e canzoni suonate nei lager. Alcuni di queste erano ispirate al Kabarett tedesco degli anni ’30, e mi venne l’idea di invitare a cantarle quella che consideravo il mostro sacro di questo repertorio, Ute Lemper. Non mi aspettavo che accettasse, mi sentivo come un regista agli esordi che propone Glenn Close una parte – per di più non da protagonista – avevo sottovalutato l’importanza di avere alle spalle una istituzione musicale prestigiosa come l’Auditorium Parco della Musica di Roma. Poiché la chuzpa non mi manca, e la vita mi ha insegnato che bisogna puntare sempre al massimo, approfittai della presenza della Lemper a Roma per infilarmi nel camerino dopo il suo spettacolo a Villa Adriana, e proporle di essere la guest star di un concerto che ancora non esisteva e soprattutto non aveva nessuna garanzia di finanziamento, se non l’ottimismo sorridente di Marilena Francese, mia insostituibile compagna di strada in tutti questi progetti. Non credevo alle mie orecchie, quando Ute accettò subito e senza condizioni. Scoprii con sorpresa che aveva già in repertorio alcune canzoni della Shoah, e che considerava il suo impegno a farle conoscere una sorta di suo personale risarcimento alla sofferenza del popolo ebraico, lei tedesca di Monaco, nata quasi un ventennio dopo la guerra, moglie di un musicista ebreo e madre di quattro figli che educa nella consapevolezza della tradizione e della cultura ebraica. “Sono estremamente sensibile, direi quasi torturata, dalla storia della Shoah” mi rivelò. “E sento come una mia personale responsabilità, direi quasi un dovere morale, di onorare la cultura del popolo ebraico e stimolare, attraverso il mio lavoro, la consapevolezza e il dialogo su questa terribile pagina del nostro passato”.
Il concerto fu un grande successo, ma mi alzai da tavola ancora affamata. Con due personaggi come Francesco Lotoro e Ute Lemper si doveva fare qualcosa di più, un intero concerto, non solo un paio di canzoni all’interno di uno spettacolo. Nacque così “Songs for Eternity” – il suggestivo titolo è di Ute -, che debuttò in forma ridotta nel dicembre 2015 al Neue Museum di New York (che emozione: quella sera venne Richard Gere ad applaudire) e poi al Center for Jewish History, sempre a New York, per diventare un vero e proprio spettacolo il 18 e il 19 aprile 2016 a Mantova, prima presso la Sinagoga Norsa Torrazzo e poi in quel gioiello che è il Teatro Bibiena e fu anche replicato la primavera successiva al Piccolo Teatro Strehler di Milano, due sere di tutto esaurito. Sei anni dopo, proprio il 18 aprile – felice coincidenza, ma come ci insegna la tradizione buddhista, le coincidenze non sono mai fortuite – la registrazione di quell’indimenticabile concerto sarà trasmesso da Carnegie Hall, uno dei templi mondiale della musica, nell’ambito del Festival “Voices of Hope” in un filmato prodotto da Marco Visalberghi e Donatella Altieri per LastMusik – qui il link per vederlo gratuitamente dal 18 aprile al 31 maggio).
Per tutti noi che abbiamo creato e lavorato con entusiasmo a questo progetto è un grandissimo onore, e sono felice di condividerlo con i lettori di Pagine Ebraiche che ormai da tanti anni mi seguono.
Lo spettacolo di Mantova è nato da un entusiasmo collettivo: l’intera città di Mantova (nel 2016 Capitale Italiana della Cultura) si è mobilitata intorno all’evento, che è stato fortemente voluto dal Sindaco, Mattia Palazzi, dagli organizzatori di Festivaletteratura, che quell’anno celebrava i vent’anni di vita, dalla Comunità Ebraica di Mantova, una delle più illustri d’Italia, e del suo Presidente Emanuele Colorni, ed è stato sostenuto da due importanti realtà locali, Banca Galileo e Gruppo Sicla e soprattutto dai mantovani stessi, che hanno costituito un comitato attivissimo nella raccolta fondi promosso da Angiola Bassani Bianchi, mantovana di origine ebraiche (è legata alla famiglia Bassani di Ferrara e parente dell’autore del “Giardino dei Finzi Contini”) e da sua cognata Marzia Monelli Bianchi.
A sei anni di distanza, ringrazio tutti e soprattutto lo staff artistico e tecnico, coordinato da Michelangelo Busco, e i musicisti Giuseppe Bassi, Andrea Campanella, Daniel Hoffman e Victor Villena che hanno accompagnato con grande virtuosismo Ute Lemper e Francesco Lotoro creando uno spettacolo indimenticabile, tanto da aver ottenuto la consacrazione di Carnegie Hall.
Purtroppo il Covid quest’anno ha reso impossibile organizzare un altro Concerto per il Giorno della Memoria all’Auditorium, interrompendo una tradizione settennale che, grazie alla presenza di molte istituzioni (la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio, il Ministero della Cultura e quello dell’Istruzione, la Regione Lazio, la Regione Calabria,) a Rai Cultura, al sostegno di aziende e sponsor privati, e alla partecipazione entusiastica di prestigiosi musicisti e cantanti e attori, erano diventati un momento di riflessione collettiva attraverso la testimonianza emozionante della musica.

Viviana Kasam