Di generazione in generazione
La scacchiera di Vittorio Foa

Non ho mai giocato a scacchi con mio padre, anche se lui deve avermelo proposto, senza insistere però. Ma invece ha giocato a scacchi con lui mio figlio Andrea, soprattutto quando erano in vacanza insieme in montagna e c’era il tempo di farlo. Andrea ricorda che Vittorio giocava volentieri a scacchi, ma non proponeva mai una partita. Dovevi farti avanti e proporglielo, non perché fosse riservato o ritenesse quel gioco una cosa da adulti, ma perché per lui giocare a scacchi non era mai solo giocare a scacchi, ma un momento in cui si parlava di cose serie e in particolare di politica. La politica e gli scacchi avevano per lui un legame molto stretto e nelle mosse dei diversi pezzi, come nelle strategie, rivedeva battaglie sindacali e parlamentari. Quello che si imparava da lui giocando a scacchi è che negli scacchi si ragiona per obiettivi e chi pensa mossa per mossa in genere perde. Per giocare una buona partita, bisogna avere un orizzonte più vasto e trovare il sistema di andare nella direzione giusta con quel che si ha al momento. Le analogie con il sindacato e con la politica erano evidenti. Perdere di vista lo schema generale è il modo più veloce per perdere tutto.
Parlava molto del cavallo e della sua strategia di muoversi di lato come esercizio per la vita e la politica, tanto che alla fine ci ha intitolato la sua autobiografia, Il cavallo e la torre. Ogni aspetto degli scacchi era per lui un modo per trasmettere esperienza e per confrontarsi con gli altri. Nelle nostre partite a scacchi, ricorda ancora Andrea, era evidente l’asimmetria: il nipote non poteva batterlo, né sorprenderlo. Forse era per questo non proponeva mai di giocare e invece era contento che fosse lui a proporre una partita. Anche Morgana, una delle mie figlie, mi dice ancora Andrea stupendomi perché non lo ricordavo, da piccola chiedeva spesso a Vittorio di giocare a scacchi. Dato che con me perdeva sempre, voleva imparare a giocare bene come Vittorio in modo da suonarmele di santa ragione sulla scacchiera. Insomma, anche saltandone alcune gli scacchi erano una scuola che si trasmetteva di generazione in generazione.

Anna Foa, storica – Dossier Scacchi, Pagine Ebraiche Aprile 2021