Il convegno internazionale
Il Bund e la forza dell’utopia

Si svolgerà il 22 aprile prossimo, organizzato da Università degli Studi di Genova e Centro culturale Primo Levi, con la collaborazione dell’Associazione Studi Ebraico-Tedeschi ayn-t, il convegno internazionale “Per il socialismo, per la libertà. Il Bund: storia di ieri, memoria di domani”. Al centro le vicende e il lascito dell’Unione generale dei lavoratori ebrei di Lituania, Polonia e Russia.
La professoressa Laura Quercioli Mincer ci introduce ai temi del convegno.

Il Bund, ovvero algemeyner yidisher arbeter-bund in lite, poyln un rusland, la Federazione generale dei lavoratori ebrei in Lituania, Polonia e Russia, è certamente uno dei fenomeni più entusiasmanti della vita ebraica ed europea della prima metà del secolo scorso. Coetaneo del Sionismo politico (i due movimenti sono
fondati nello stesso anno, il 1897), il Bund è, come la storia ha ben dimostrato un movimento utopico.
Perché utopico? Perché i bundisti credevano che razzismo, xenofobia, antisemitismo non avrebbero rappresentato fenomeni così straordinariamente determinanti nella storia del nostro continente come invece è avvenuto. I bundisti credevano che gli ideali sovranazionali del socialismo, della giustizia, della fratellanza, avrebbero sconfitto e ridicolizzato ogni ostilità etnica e religiosa. Perché i bundisti credevano che gli ebrei potessero vivere nei paesi di residenza, collaborando al benessere collettivo della nazione, al pari delle altre componenti minoritarie della società allargata, e riceverne riconoscenza e accoglienza alla pari. Perché i bundisti, per almeno dieci anni, avevano creduto che la Rivoluzione russa avrebbe portato giustizia per tutti, autodeterminazione per le minoranze. Perché infine i bundisti avevano creduto che l’Europa, che l’umanità, non abbisognasse di confini ed eserciti per sopravvivere, ma solo di valori condivisi, di tolleranza e rispetto reciproci. Il Bund era utopico perché pensava che la lingua degli ebrei dovesse essere, accanto, ma ancora più, della lingua eterna dei profeti e di quella dei paesi di residenza, lo yiddish, la lingua che miracolosamente unisce radici semitiche, germaniche, romanze e slave, la già vituperata lingua gutturale dolce e ironica delle donne, delle masse dei diseredati, degli esclusi.
Il convegno che qui proponiamo, è stato pensato inizialmente da Piero Dello Strologo, il presidente e co-fondatore del Centro Primo Levi di Genova, associazione benemerita di questa città, che da sempre ha come suo primo scopo avvicinare la cultura ebraica ai non ebrei, e sottolineare quanto un contesto democratico e pluralista sia indispensabile per la vita stessa delle nazioni e delle minoranze in particolare.
Wlodek Goldkorn è un altro dei suoi artefici: scrittore, saggista e giornalista polacco, israeliano, italiano, figlio di genitori di cultura yiddish poi emigrati in Israele, amico ed allievo di Marek Edelman, il comandante bundista della rivolta del ghetto di Varsavia, è lui stesso un emblema di quanto la tradizione di questo movimento sia rimasta viva anche dopo la Seconda guerra mondiale, e di cosa possa tuttora apportare al mondo di oggi.
Il 22 aprile avrete modo di ascoltare alcuni dei massimi studiosi di storia ebraica a livello internazionale, e dei massimi studiosi del Bund stesso. Il convegno sarà aperto dal prezioso intervento delle sorelle Dvora e Reyzl Zylberman, che racconteranno di come la tradizione bundista viva e riviva nella lontana Australia.
Laura Quercioli Mincer

(15 aprile 2021)