Il convegno internazionale sul Bund
Un’arte per gli ebrei,
un’arte per il mondo

È in programma domani, organizzato da Università degli Studi di Genova e Centro culturale Primo Levi, con la collaborazione dell’Associazione Studi Ebraico-Tedeschi ayn-t, un convegno internazionale dal titolo “Per il socialismo, per la libertà. Il Bund: storia di ieri, memoria di domani” (è possibile iscriversi qui). 
In questo ambito, tra i vari temi oggetto di indagine, sarà proposta una riflessione su come gli ideali del Bund abbiano influenzato le arti figurative. Con un’attenzione particolare riservata al percorso e alle scelte di due artisti: Moyshe Broderzon ed El (Eliezer) Lissitzky. Il primo, nato a Mosca e poi trasferitosi a Lodz (la “Manchester polacca”). Il secondo nato nei pressi di Smolensk e poi cresciuto nella poco distante Vitebsk. 
Di seguito un’anticipazione dall’intervento della professoressa Laura Quercioli Mincer.

Un’arte per gli ebrei, un’arte per il mondo

Nel mio intervento non mi soffermerò sulla storia del Bund, ma cercherò di illustrare come, quelli che possiamo genericamente definire gli ideali del Bund – la creazione di una cultura ebraica laica e condivisa, espressione del proletariato ebraico, l’autonomia culturale degli ebrei nei paesi di residenza, trovassero espressione nelle arti figurative. Per farlo, tratterò brevemente il percorso di due artisti che hanno condiviso il percorso del Bund e della Kultur-Lige, la straordinaria associazione culturale nata a Kiev nel 1918 e poi ramificatasi in tutta l’Europa ebraica: Moyshe Broderzon, ed El (Eliezer) Lissitsky. Moyshe Broderzon era nato a Mosca nel 1890 in una famiglia di agiati commercianti; nel 1891 gli ebrei erano stati espulsi dalla capitale russa, e la famiglia si era trasferita a Lodz, la “Manchester polacca”. Lissitzky era nato nello stesso anno nei pressi di Smolensk, e aveva trascorso parte della giovinezza nella poco distante Vitebsk.
Si tratta dunque di un polacco, Broderzon, e di un russo, Lissitzky. Definizioni il cui significato è opinabile (entrambi erano nati nell’Impero Russo) ma Broderzon ha optato, per così dire, per la cultura “polacca”, ovvero “ebraico-polacca”, mentre Lissitzky per quella sovietica, di cui è anzi stato una dei più noti e formidabili illustratori.
Le loro scelte artistiche ed esistenziali possono ben riassumere il periodo di straordinari fermenti storici, politici, culturali e artistici del periodo in cui sono vissuti; la loro ricerca artistica ha avuto al centro la creazione di un’arte ebraica, in grado di parlare agli ebrei costituendone una bandiera identitaria.
Prima di illustrare i percorsi dei due artisti sarà comunque utile riassumere in breve alcuni degli snodi principali del periodo, che pure già avete sentito menzionare nelle altre comunicazioni.
L’inizio del XX secolo vede finalmente anche nell’Impero russo (che, ricordiamolo, comprendeva fra l’altro la maggior parte dei territori polacchi, l’Ucraina, la Bielorussia e i paesi baltici) la possibilità di emancipazione degli ebrei.
E la Rivoluzione russa, che coinvolgeva lo sconfinato Impero multinazionale, e i fermenti che l’avevano preceduta, insieme ai pogrom sanguinosi e alla guerra civile, aveva mostrato a portata di mano la realizzazione del sogno più spericolato: il materializzarsi dell’indipendenza culturale degli ebrei, e delle altre minoranze. Il periodo in cui tale sogno fu concreto durò pochissimo: un anno a Mosca, forse due nella bielorussa Vitebsk, dove operavano Chagall, Lissitzky e Malevich, e due a Kiev, ovvero il tempo dell’indipendenza dell’Ucraina stessa, dal 1918 al 1919.
La necessità di trovare una forma “ebraica” laica nelle arti figurative non era una novità. Il primo artista ebreo, non convertito, a raggiungere riconoscimento e fama anche al di là del mondo ebraico è certamente il tedesco Moritz Daniel Oppenheim, l’artista simbolo della borghesia ebraica tedesca, patriottica ed emancipata (1800-1882). Nello stesso periodo, benché nato molto dopo ma morto assai prima, il polacco Maurycy Gottlieb, vissuto dal 1856 al 1879. Ebrei in preghiera a Yom Kippur, dipinto un anno prima della morte, è una delle opere più celebri. Polacco era anche Samuel Hirszenberg (1865-1908). Mentre nell’opera di Oppenheim l’elemento ebraico è sostanzialmente condensato nella tematica, nei due artisti polacchi vediamo una ricerca anche formale, nell’orientalismo delle linee fluide e nell’ispirazione simbolista (o pre-simbolista).
A cavallo fra i due secoli la discussione su cosa fosse l’arte ebraica era viva in tutta Europa. In Occidente essa può venir riassunta dalla questione posta da Morris Mayer sul giornale yiddish “Di Tsayt” nella recensione alla Exposition of Jewish Art presentata nel 1927 a Londra: “In order to answer the [. . .] question whether we do have Jewish art or whether it is possible to have specific Jewish art, one has to clarify what Jewish means, or rather, what Jewishness means.”
Questioni analoghe venivano sollevate da Cecil Roth nel 1961 nella sua introduzione al volume Jewish Art e in sostanza continuano a venir dibattute fino a oggi.
In Europa Centro-Orientale però gli artisti e il pubblico, e in genere la componente ebraica in quelle latitudini non doveva (o doveva assai meno) affrontare peculiari e spinose questioni etnico-religioso-identitarie o identitarie, in quanto gli ebrei venivano percepiti, e si percepivano, come un “popolo” comunque differente, come una vera e propria nazione sovranazionale, la cosiddetta Yiddishland, la Nazione dello Yiddish che si estendeva nelle attuali Austria, Bielorussia, Cechia, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Moldavia, Polonia, Romania, Slovacchia, Ucraina e Russia occidentale.
Un’arte ebraica dunque esisteva, così come esistevano gli ebrei, era un dato di fatto. Le questioni erano due, una esterna: la censura e i divieti, nonché una cronica mancanza di fondi delle istituzioni e delle associazioni ebraiche; e una interna: quale arte.
Le scelte di vita e le soluzioni artistiche dei singoli artisti così come dei movimenti e dei gruppi ai quali, in maniera fluida, appartenevano, si muovevano lungo due coordinate: la ricerca della specificità ebraica, ovvero un’arte diretta anzitutto agli ebrei, in cui era essenziale anche la funzione pedagogica e formativa (evidente anzitutto nella grande e straordinaria produzione di libri per bambini), e “l’universalismo modernista”, spesso coincidente con la scelta comunista. Se, nei mesi o anni antecedenti la Rivoluzione e in un breve periodo successivo, particolarismo e universalismo erano sembrate due opzioni compatibili, in breve la mano di ferro dei bolscevichi aveva frantumato questo progetto utopico.

Laura Quercioli Mincer

(Nelle immagini, dall’alto in basso: Spezza i Bianchi col cuneo rosso, opera nel 1919 di El Lissitzky; Minian durante la guerra franco prussiana, di Daniel Moritz Oppenheim, del 1871; Yom Kippur, di Maurycy Gottlieb, del 1878)

Di seguito il programma del convegno:

22 aprile, ore 09,30-13,00
Saluti: Elisa Bricco, Direttrice del Dipartimento LCM
Piero Dello Strologo, Presidente Centro culturale Primo Levi
Conduce: Włodek Goldkorn
Reyzl e Dvora Zylberman
‘The Jewish Labour Bund Down Under: How the Movement Thrives in Australia
In inglese; traduzione consecutiva
Antoni Polonsky (Brandeis University)
The Bund in Polish Political Life 1935-1939
In inglese; traduzione consecutiva
Discussione

Ore 11,20
August Grabski (Università di Varsavia)
The Real History of the Polish Bund And its Distortions in the Current Mass Media’s Coverage
In inglese; traduzione consecutiva
Frank Wolff (Università di Osnabrück)
In Other Streets: How the Bund Turned Transnational
In inglese; traduzione consecutiva
Discussione

22 aprile – ore 16,00 – 19,00
Conduce Roberta Ascarelli (Università di Siena-Arezzo; Presidente Associazione ayn -t)
David Fishman (Jewish Theological Seminary)
1890-1914: il periodo d’oro del Bund nell’Impero russo
Laura Quercioli Mincer (Università di Genova)
Un’arte per gli ebrei, un’arte per il mondo: l’avanguardia ebraica ai tempi del Bund
Włodek Goldkorn
Il futuro della memoria. il caso Bund
Irena Klepfisz (poetessa, traduttrice, bundista)
My Bundism: More than a Memory
In inglese; traduzione consecutiva
Discussione, conclusioni
Traduzione consecutiva: Marina Astrologo

(21 aprile 2021)