L’intervista a Liliana Segre
“Commissione contro l’odio,
per l’Italia un’opportunità”

“Una delle priorità dovrà essere il contrasto all’istigazione all’odio. Credo che sia un problema universale: questo modo violentissimo, e spesso accettato, di operare in cui si sceglie una vittima da attaccare, da svilire e contro cui coalizzarsi deve essere fermato”.
A indicare i punti in cima all’agenda della commissione contro l’odio, da lei voluta e di cui ora è presidente, è Liliana Segre. Parlando a Pagine Ebraiche, la senatrice a vita e Testimone della Shoah auspica che possa rappresentare un passaggio importante per l’Italia. Seppur il suo sguardo rimanga realista: “Non sono la voce di ottimismo che alcuni vorrebbero. Non mi faccio illusioni, ho vissuto sulla mia pelle l’odio e so che fenomeni come l’antisemitismo ci sono stati in passato, ci sono oggi e ci saranno sempre”.
Ma questo non vuol dire, aggiunge Segre, che si debba rimanere inerti. “Spero che la commissione riesca a lavorare in modo efficace. Milena Santerini (coordinatrice nazionale contro l’antisemitismo, ndr) aveva già iniziato a mettere le basi per una buona struttura, per cui non partiamo da zero”.
La commissione è stata istituita al Senato con una mozione approvata il 30 ottobre 2019, con l’astensione di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Gli astenuti avevano giustificato la scelta, sostenendo che sarebbe potuta diventare “uno strumento molto forte di censura politica”. Un’accusa, sottolinea Segre a Pagine Ebraiche, priva di fondamento. “Prima ancora di iniziare c’era già chi parlava di censura. Non è strano?”.
In ogni caso la senatrice tira dritto. “Spero di poter esser presente il più possibile ai lavori, ma mi muoverò compatibilmente con le mie forze. A 90 anni, farò quel potrò. Spero di poter contare sui miei vice (Francesco Verducci, Pd, e Daisy Pirovano, Lega) e su tutti gli altri”.
Impegnativo il lavoro di studio e contrasto che si presenta davanti alla commissione: “Non ho mai creduto alla retorica di inizio pandemia del saremo tutti più buoni. Ho già visto che non è così, più di una volta. E una mi ha segnato la vita per sempre”, spiega la sopravvissuta ad Auschwitz. Pandemie e guerre fanno emergere i sentimenti peggiori, avverte, e per questo è importante agire subito. In particolare contro chi istiga all’odio. “Il fatto che odiare diventi una norma di vita, che offendere in tutti i modi gli altri sia lecito, persino perché uno semplicemente si fa il vaccino, è una cosa che non possiamo permettere”. Contro tutto questo, è necessario far sentire la propria voce, è una battaglia di civiltà. Così come lo è difendere le persone che vedono i propri diritti più elementari violati, come nel caso di Patrick Zaki. Per questo, spiega Segre, ha partecipato e dato il suo voto affinché allo studente egiziano, in carcere  dal 7 febbraio dello scorso anno, venga concessa la cittadinanza italiana. “La sua detenzione senza processo è una violazione clamorosa dei diritti umani e civili. Ho firmato con convinzione la mozione per la cittadinanza. Mi spiace solo di non aver parlato in aula, forse avrei avuto qualche effetto sulla discussione, sui 33 astenuti”. Avrebbe voluto ricordare ai presenti cosa significa essere in prigione: “Io l’ho vissuto. Quando uno sta in carcere non sa se preferire che la porta della cella sia chiusa o aperta. Perché quando si apre non sai mai cosa accadrà”. 

Daniel Reichel