L’intervista ad Assaf Gavron:
“Super League una follia,
deluso dal mio Arsenal”
Stadio Highbury di Londra, novembre 1990. Due tifosi d’eccellenza sospingono dagli spalti l’Arsenal, impegnato in una difficile sfida casalinga con il Manchester United. Si tratta di rav Jonathan Sacks, neo rabbino capo d’Inghilterra. E di George Carey, neo arcivescovo di Canterbury. Li hanno fatti arrivare insieme. E insieme hanno seguito la partita. Nonostante il loro supporto gli ospiti finiranno per imporsi con un tennistico 6 a 2. La più grande batosta sul proprio campo nella storia dell’Arsenal. Un tabloid, il giorno successivo, ironizzerà: è la prova che Dio non esiste. Magistrale la risposta del rav: no, al contrario. Solo che tifa Manchester.
Son passati 30 anni da allora. All’Arsenal, malinconicamente nono in Premier League, le cose da tempo non vanno come si vorrebbe. La lotta per il titolo è ormai una chimera. Ma anche la Champions è spesso vista con il binocolo. Ciò non ha però impedito ai “Gunners” di provare a far saltare il banco del calcio europeo, accreditandosi come uno dei 12 club fondatori della Super League. La nuova lega dei signori del pallone diventata, nell’arco di neanche 48 ore, una clamorosa barzelletta.
Assaf Gavron, scrittore israeliano molto amato anche in Italia (i suoi romanzi sono pubblicati da Giuntina), è un tifoso acceso della squadra londinese. E più in generale un grande appassionato di calcio. “Mi sembra – racconta a Pagine Ebraiche – che si sia tentato qualcosa di problematico e antisportivo. Allo stesso tempo, c’è da dire che anche la contestazione è stata un po’ sul filo dell’ipocrisia. Guardiamo alle semifinaliste di questa Champions: Real Madrid, Psg, Manchester City, Chelsea. Quattro squadre con proprietà molto ricche che usano le loro risorse per dominare, senza alcuno spazio di manovra per i club minori. Esattamente quello che si è detto, con toni scandalizzati, di questa iniziativa. Così mi è venuto un pensiero: non sarebbe male se in fondo questi super team, con tutti i loro soldi, facessero un campionato a parte. La Champions rimarrebbe il punto di riferimento del calcio più vero e autentico. E molti giocatori e dirigenti, alla lunga, finirebbero per preferirla”.
Gavron veste i panni del tifoso e dice di aver provato vergogna per la scelta iniziale della dirigenza dell’Arsenal: “La nostra sarebbe stata la posizione di un club privilegiato, dentro a questa lega non per i risultati ottenuti in campo ma solo ed esclusivamente per le proprie risorse. È sul campo che l’Arsenal deve dimostrare la sua forza, il suo diritto a disputare le competizioni europee. L’idea che possano esistere delle squadre intoccabili è semplicemente ridicola”.
Gavron si trova d’accordo con Arsene Wenger, ex tecnico dei Gunners, e con quanti hanno protestato in modo vibrante. Anche in Israele, racconta, l’argomento è oggetto di ampio dibattito. Malgrado l’assenza di squadre di livello, è uno dei Paesi dove il grande calcio lo si segue con più passione (viene in mente al riguardo lo straordinario romanzo di Eshkol Nevo, La simmetria dei desideri).
Per Assaf la passione è nata, come in molti, da bambino. Anche se il primo amore era stato un altro storico club inglese: il Leeds United, espressione della squadra dove è nata sua madre (il papà è invece nativo della zona Nord di Londra).
“Quando avevo all’incirca sei-sette anni – ricorda – un cugino di mia madre era solito portarmi poster del Leeds. Io li appendevo sul muro e seguivo un po’ la squadra. Il colpo di fulmine per l’Arsenal è arrivato qualche anno dopo, durante una mia visita in Inghilterra. Era il 1980. Nell’occasione mio padre mi portò ad Highbury, dove l’Arsenal giocava contro il Southampton: ricordo che finì 1 a 1. Da allora non ho più smesso di tifare i Gunners. Nei 10 anni in cui ho vissuto a Londra, andando regolarmente allo stadio”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(21 aprile 2021)