Mio padre, la Roma e quella volta
che disse no alla corte di Fabio Fazio

Vittorio Della Rocca zz.l. e Rossana Piattelli zz.l. erano una coppia unita all’inverosimile. Ora, post mortem, lo posso scrivere visto che papà, riprendendo un insegnamento trasmessogli da rav Elio Toaff zz.l., affermava: “Non ci credo ma mi fa paura” riguardo all’occhio cattivo di qualcuno che avesse provato invidia per il suo legame coniugale. Non so se in vita esternare il bel sodalizio con la mamma non gli avrebbe provocato timore per potenziali pericoli.
Papà era tanto legato alla vita di mamma, e viceversa, che non ha mai posseduto un mazzo di chiavi di casa propria. Era abitudinario nell’organizzazione della sua giornata e, certo, non gli pesava programmare i suoi rientri a casa con i tempi della mamma. Penso che non abbiano dormito separati nel corso del loro matrimonio, durato più di sessantuno anni, più di una ventina di volte. E in questo calcolo rientrano anche ricoveri ospedalieri di routine, visto che tutto sommato entrambi hanno goduto di una buona salute fino a sei anni fa.
La fortuna del loro sodalizio probabilmente era dovuto a una complementarità caratteriale, a una condivisione di ideali e valori, e a una forte passione affettiva reciproca, cementata da rispetto sia personale che dei propri interessi individuali. Fornendoci un esempio di come una coppia possa percorrere un lungo percorso comune. Certo, non mancavano momenti di divergenza su opinioni e scelte da prendere. A tale proposito, vorrei riportare una storia indicativa del loro approccio alla vita, di cui sono stato testimone. Agli inizi degli anni Novanta partì una trasmissione che ancora oggi è un programma di successo: “Quelli che il calcio”. Allora e per più di un decennio è stata condotta da Fabio Fazio, occupando il palinsesto domenicale di Raidue e aggiornando in tempo reale il pubblico, con ospiti dello spettacolo e della cultura, sulle partite calcistiche in corso. All’epoca, per molti anni, era ospite fissa come tifosa laziale suor Paola. Visto che la passione calcistica giallorossa di papà era conosciuta anche al di là del raccordo anulare, l’amico milanese Daniel Fishman indicò al regista della trasmissione, Paolo Beldi, il nome di mio padre per invitarlo come ospite di fede diversa, sia religiosa che sportiva, nel pro- gramma di successo.
Cosi un pomeriggio del 1993 Beldì venne a trovare papà nell’abitazione a Via Catalana 3 presentandogli il progetto dettagliatamente: la collaborazione fissa comportava la sua partecipazione domenicale, avvalendosi nei suoi interventi della sua professionalità di personalità spirituale e religiosa e della sua competenza e passione calcistica. Nel contratto era assicurata anche la presenza di mamma, quale accompagnatrice, e il compenso di partecipazione non era niente male. Già nell’incontro Beldi, da professionista di successo, si rese conto che mio padre possedeva una virtù non di poco conto: avrebbe bucato lo schermo, visto che era un brillante e simpatico comunicatore. E l’intesa tra i due avvenne a prima vista.
Io, testimone del colloquio, mi rendevo conto come papà fosse allettato dal progetto. Era un riconoscimento del suo modo di porsi, sia come rabbino che come tifoso giallorosso. Una passione nata da piccino, trasmessagli dal padre, che come molti correligionari avevano seguito le sorti della squadra capitolina sin da quando fu fondata nel 1927. E poi, come dissi a lui, in modo indiretto si profilava un indotto non di poco conto: era un modo di comunicare e diffondere il messaggio ebraico a una platea vasta di milioni di telespettatori e probabilmente non iniziata a temi di natura teologica di cui mio padre era un esperto portavoce. Nei giorni successivi, a tavola, e nei diversi colloqui di confronto sul progetto, discutemmo della scelta da prendere. Papà chiedeva un consiglio. Ma l’ostacolo insormontabile era come superare o neutralizzare i dubbi di mamma. Perché quando a mamma, per ragioni di opportunità e di riservatezza, qualcosa non la convinceva il no era quasi certo. Anzi, ma che dico: era sicuramente un dolce no. Era proprio questa diversità caratteriale a distinguerli e forse ad essere l’asso della manica di una vita vissuta sempre assieme. E probabilmente che li vedrà vicini anche post mortem. Comunque, per chi non l’avesse capito, l’offerta della Rai fu declinata, senza turbare minimamente l’atmosfera familiare.

Jonatan Della Rocca

(21 aprile 2021)