Fabien Azoulay in carcere in Turchia “Suoi diritti violati, riportiamolo a casa”
Da tre anni e mezzo Fabien Azoulay cerca di resistere alle violenze quotidiane che subisce nelle prigioni turche. Deve scontarne ancora 13 e nelle lettere a familiari e amici dichiara di non sapere quanto resisterà. Quanto riuscirà a tollerare ancora gli abusi degli altri detenuti. Lui, francese, ebreo, omosessuale, rappresenta per gli altri carcerati, soprattutto per gli integralisti islamici, un bersaglio perfetto. Proprio a causa della sua identità, ha raccontato, un compagno di cella gli ha inflitto delle gravi ustioni. Gli avvocati della sua famiglia hanno avvertito il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron: “Fabien è disperato e la sua vita è in pericolo”. Ora in Francia, da alcuni giorni, è scattata una vera e propria campagna per chiedere che Azoulay venga riportato a casa. Il comune di Parigi, con una mozione votata all’unanimità, ha recentemente fatto suo l’appello. Una petizione online a suo favore è stata firmata da oltre 100mila francesi, tra cui diverse personalità del mondo ebraico transalpino. Contattati da Pagine Ebraiche, i responsabili della petizione spiegano che qualcosa si sta muovendo. Ci sono state delle aperture da parte delle autorità turche, grazie all’intervento della diplomazia francese e alla mediazione dell’ambasciata turca a Parigi. L’auspicio è che si arrivi presto a una svolta. “Se i turchi vogliono migliorare le cose, c’è un gesto da fare, che consiste nel trasferimento di Fabien Azoulay in Francia”, le parole del suo avvocato François Zimeray.
L’incubo di Azoulay è iniziato a fine 2017. Si era recato in Turchia per fare un trapianto di capelli. Durante la sua permanenza aveva ordinato online due litri di Gbl, un solvente industriale usato anche come sostanza stupefacente. Sei mesi prima il prodotto era stato messo fuori legge in Turchia. E così le autorità turche hanno seguito il pacco ordinato da Azoulay e lo hanno arrestato nella sua camera d’hotel. “Ha fatto il suo ordine senza pensare per un secondo che il prodotto fosse vietato in Turchia”, ha detto uno dei suoi avvocati, Carole-Olivia Montenot, che da allora lotta assieme alla famiglia per ottenere la scarcerazione. Una prigionia decisa in 20 minuti da un giudice particolarmente zelante, dicono i difensori di Azoulay. Peraltro, il giorno prima dell’udienza, il giudice che aveva seguito il caso era stato arrestato per corruzione in un contesto di epurazioni guidate dal presidente Recep Tayyip Erdogan, la ricostruzione degli avvocati. “Il suo sostituto non sapeva nulla del caso. Voleva recitare la parte del buon soldato. Fabien rappresenta tutto ciò che la Turchia conservatrice odia. È occidentale, omosessuale ed ebreo”.
Nelle lettere inviate ai parenti in Francia, Azoulay ha descritto una vita quotidiana segnata dalla violenza. “Qui sono tutti recidivi, sono abituati alle prigioni ma io no. Non so nemmeno come difendermi”, ha scritto in una prima lettera ad un amico. “Mi derubano ogni giorno (…). Alcuni hanno cercato di convertirmi all’Islam”.
In un’altra missiva, riportata dal sito di informazione Marianne, un racconto terribile. “La mia testa a volte si svuota completamente di fronte agli orrori che affronto quotidianamente. L’ultimo è stato un ragazzo che è stato sgozzato da un gruppo di quattro siriani. Ho saputo più tardi che il detenuto morto aveva fatto delle avance a uno dei siriani e che in nome di Allah doveva pagare con la vita a causa della sua omosessualità”.
Daniel Reichel