Noi e loro, le forme dell’odio
“Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato”. Così scriveva Catullo nel carme 85. Milena Santerini riesuma incidentalmente questi antichi versi per avviare una riflessione sulle forme dell’odio che inquinano la nostra esistenza. Nel suo nuovo, interessante volume intitolato La mente ostile. Forme dell’odio contemporaneo (Raffaello Cortina Editore, Milano 2021) ci accompagna attraverso un percorso affascinante e lontano da ogni retorica, proponendo un approccio multidisciplinare fondato su solide basi scientifiche. Quando leggiamo di pratiche di odio, forme di pregiudizio e aggressività visibile soprattutto nei nuovi mezzi di comunicazione, troppo spesso ci imbattiamo in analisi legate alla contingenza del presente, alle immediate dinamiche politiche, senza allargare lo sguardo alle radici prime che determinano certi comportamenti, le cui conseguenze ultime sono sotto gli occhi di tutti. Aggressioni fisiche e verbali, uccisioni, violenze di ogni tipo fanno parte della cronaca quotidiana, ma solo raramente ci soffermiamo a studiare il fenomeno considerandolo per quel che è: il frutto di un sentimento – l’odio – che in quanto tale è innanzitutto un’elaborazione del cervello umano. Se partiamo da questo semplice e fondamentale dato di fatto, non possiamo non sentirci chiamati in causa, tutti noi esseri umani, come potenziali portatori sani di odio. E questo non può che allarmarci. Ma ci deve anche spingere – come fa Milena Santerini in questo volume – a sondare i meccanismi di questo fenomeno, a riconoscerli e a individuare gli strumenti per contrastarlo, o quantomeno per attenuare i suoi effetti sulla nostra realtà contemporanea. Entrano così in gioco in prima istanza le neuroscienze. La scelta dell’Autrice è coraggiosa e innovativa, e credo che andrebbe presa a esempio per ragionare anche su altri temi (la tanto dibattuta Memoria, tanto per essere espliciti) che spesso vengono dibattuti a livelli puramente concettuali, evitando di inoltrarsi su possibili – probabili – fattori fisiologici. Questo volume indaga sulla ipotetica esistenza di meccanismi neuronali che starebbero alla base di reazioni emotive che generano comportamenti che noi etichettiamo come “odio”. Il primo capitolo si dedica a questo, sintetizzando le ricerche che a partire dal cosiddetto “brain imaging” formulano teorie comportamentali spesso suffragate da lavori sperimentali di grande interesse. Gli automatismi di ostilità verso l’”altro”, il “diverso”, hanno radici antiche, forse connesse ad alcuni meccanismi cerebrali, ma non sono giustificati in alcun modo da effettive differenze che possano produrre gerarchie all’interno della specie umana. Come ricorda Santerini, “la teoria razzista è falsa (ma attraente nella sua semplicità) non perché gli uomini sono uguali, ma perché sono tutti diversi”. Da qui il discorso si allarga a proporre un’analisi sociopolitica che tornerà assai utile a chi si interessa di meccanismi della comunicazione. Chi, e con quali strumenti, utilizza il sentimento dell’odio sulle diverse piattaforme Internet? Quali sono i fini di questa straordinaria e capillare pratica, che ha conseguenze sociali e politiche devastanti? L’arco dei temi si fa vasto e intrigante. Da categorie del pensiero, come l’amoralità della rete, alla banalizzazione dell’odio, alla diffusione dei complottismi e del cospirativismo. Fino a interessare nodi cruciali quali la libertà di espressione e le forme di manipolazione politica. Questi i temi che introducono il terzo capitolo, che definirei storico-sociologico, dedicato all’”Odio collettivo”. L’intera seconda parte del volume affronta con sguardo lucido quelle che a giudizio di Santerini sono le principali forme di espressione dell’odio nella nostra contemporaneità: il razzismo nelle sue svariate forme, l’antisemitismo, l’odio di genere e il sentimento antimusulmano. Un percorso che offre informazioni preziose al lettore, ma che al contempo non lascia indifferenti e non assolve nessuno, specie se si ragiona su uno degli snodi funzionali del concetto di odio, vale a dire il pregiudizio. Presente in ognuno di noi, questo meccanismo ci allarma per la sua grande capacità di riprodursi e trasmettersi. Santerini richiama giustamente le parole di Gordon Allport che nel 1954 “osservava come il pregiudizio, sconfitto sul piano intellettuale, perduri su quello emozionale”. Nonostante le “buone intenzioni”, “molti rivelano il disagio di trovarsi a contatto con persone appartenenti a minoranze etniche”. Io non sono razzista, però… Siamo sempre lì, ci dice Santerini, e ci aiuta con le sue pagine a ragionare su come ognuno di noi intenda agire per far sì che il sentimento d’odio, l’ostilità verso gli altri, inizi una stagione di declino.
Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC
(23 aprile 2021)