L’intervento di Valdo Spini
“Ricordando Carlo Cammeo,
difendiamo la libertà di tutti”

Si è svolta recentemente a Pisa, presso il locale cimitero ebraico e in occasione del centenario della morte, una solenne commemorazione in ricordo di Carlo Cammeo. Insegnante di scuola elementare e attivo esponente socialista, fu assassinato da una squadra di sgherri in camicia nera il 13 aprile del 1921. L’ex ministro Valdo Spini, Presidente della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli e tra i protagonisti di questa giornata di commemorazione, ne ripercorre la figura e il contesto in cui maturò il suo assassinio. “Se noi dimenticassimo Carlo Cammeo – sottolinea – avrebbero vinto i suoi assassini. Ma se noi continuiamo a ricordare questo giovane e impegnato dirigente politico, se noi facciamo rivivere oggi la sua voce, sconfiggiamo la morte e affermiamo la vita. E con essa, la libertà di tutti gli italiani”.

Nessun omicidio, nessun delitto che porta alla soppressione violenta di una vita umana può essere giustificato: deve essere condannato. Ma quello di Carlo Cammeo lo deve essere in particolare.
Intanto per la sua matrice. Un delitto politico contro un dirigente di partito, avente come movente un’attività giornalistica, svolta alla direzione del settimanale della Camera Confederale del Lavoro Pisana, L’Ora Nostra, di fatto un periodico socialista. Utilizzare la violenza nella lotta politica, uccidere a freddo per far tacere una voce libera è comunque qualcosa che ripugna ad ogni coscienza democratica. E nel caso specifico, poi, per le ignobili modalità del delitto: andare alla scuola dove Carlo Cammeo insegnava come maestro elementare, costringerlo ad uscire dalla sua aula, trucidarlo a sangue freddo praticamente davanti ai suoi scolari, nient’altro che dei bambini. Un crimine orrendo che niente e nessuno può giustificare.
Come ha scritto Umberto Sereni in un suo libro: “Il fascismo che prenderà ad intervenire sulla scena del pisano nasceva come esito tra l’istanza etico-esistenziale e e la corposità degli interessi materiali e di ceto”. La prima poteva essere attribuita dalla distorsione operata in ambienti di reduci e di interventisti dallo slogan della “vittoria mutilata”, la seconda invece, che andava attribuita ai ceti proprietari e al fatto che questi si vedevano minacciati nelle loro posizioni di potere e di reddito sia dal movimento dei contadini che si sviluppa nelle campagne che da quello dei lavoratori dell’industria. Ma questa violenza si scatenava anche contro i successi elettorali dei socialisti nelle amministrative di tanti comuni liberamente e democraticamente conseguiti.
Pietro Nenni, nel suo libro Il diciannovismo ha descritto le illusioni di quei movimenti popolari che, subito dopo la conclusione della guerra, pensavano “di fare come in Russia”, di prendere il potere per via rivoluzionaria. Con il fallimento dell’occupazione delle fabbriche del settembre 1920 si esaurisce la spinta rivoluzionaria (Claudio Treves alla Camera nel suo ultimo – commovente – discorso pronunciato il 10 agosto 1922, definirà quello della rivoluzione: “delitto inespiabile, (perché in realtà era), solo il pensiero e la speranza”).
Esaurita l’illusione rivoluzionaria, si scatena allora la reazione. La violenza fascista dilaga sul territorio per riconquistare con i mezzi della sopraffazione quello che si era perso nelle elezioni e nella dinamica sociale. Un punto di svolta a Pisa è l’azione violenta dispiegata dai fascisti il 4 dicembre 1920 per impedire l’insediamento della giunta provinciale a guida socialista regolarmente eletta. Un insieme di attacchi che si estende via via ai comuni della provincia, alle sedi dei Circoli, dei sindacati, delle cooperative. Tra i protagonisti dello squadrismo fascista l’avv. Guido Buffarini Guidi, poi sottosegretario all’interno durante il regime e successivamente ministro dell’Interno della Repubblica Sociale, che verrà fucilato per i suoi crimini dopo la conferma della sua condanna da parte della Corte di Cassazione nel luglio 1945 a Milano.
Quello che colpisce è la coscienza di sostanziale impunità con la quale i fascisti agiscono. Giolitti, tornato al potere, si illude di poter lasciar loro una certa mano libera per poi fermarli, ma non aveva capito la dimensione del fenomeno che affondava le sue radici nella crisi dell’Italia liberale conseguente alla Prima guerra mondiale. L’Italia liberale doveva invece uscirne completamente travolta.
In questo quadro guardiamo ai fatti dell’assassinio di Cammeo.
Le squadre fasciste pisane, guidate dal capitano Bruno Santini, un reduce della Prima guerra mondiale, assaltano in quel di Lucca il Circolo Socialista di Ponte e a Moriano il 25 Marzo 1921. In un primo tempo la spedizione, che ha preso di sorpresa i socialisti, ha successo. I fascisti strappano dalla facciata del Circolo lo stemma con la falce e il martello, devastano la sede e poi attaccano quella della Lega Tessile.
Sopraggiungono gli operai del luogo, si accende uno scontro, vengono sparati dei colpi di rivoltella. Il camion dei fascisti pisani va in panne e lo squadrista Tito Menichetti lasciato alla sua guardia, viene ferito mortalmente da un colpo di pistola. I fascisti danno dell’episodio una versione di comodo, parlano di “agguato” per trasformare il loro ruolo da assalitori in assaliti e annunciano la vendetta, nonostante che chi ha fatto fuoco sia stato arrestato e sarà poi condannato a 17 anni e 7 mesi di carcere. Contro questa versione di comodo dei fatti di Ponte a Moriano, Carlo Cammeo scrive un articolo su L’Ora Nostra, settimanale della Camera Confederale del lavoro di Pisa, di fatto dei socialisti, il primo di aprile successivo. Sull’onda dell’impresa di Ponte a Moriano, e della mobilitazione fascista in atto si costituisce a Pisa il Fascio Femminile. Sempre su L’Ora Nostra del successivo 8 aprile Carlo Cammeo, con lo pseudonimo di Libicus (era un ebreo nato a Tripoli, anche se dal punto di vista religioso si dichiarava ateo) dedica a questo avvenimento un corsivo ironico intitolato “Le Valchirie”.
Con questi due articoli ha firmato la sua condanna a morte.
Il 13 aprile due di queste donne, Mary Nissim nata Rosselli, un’apprezzata musicista, anch’essa ebrea come il Cammeo, una mazziniana in origine, che dall’interventismo era passata al nazionalismo e Giulia Lupetti figlia del comandante del Presidio Militare di Pisa, accompagnate da un gruppo di fascisti, si recano alla scuola dove il ventiquattrenne Cammeo stava insegnando ai bambini delle elementari, accendono una discussione, lo fanno uscire dall’aula e lo consegnano al carnefice, il fascista Elia Meucci, studente in farmacia, che lo fredda con due colpi di rivoltella. Il delitto è stato talmente plateale che la Nissim Rosselli e l’esecutore vengono arrestati. Ma niente paura. Poco dopo vengono rimessi in libertà e non subiranno alcuna punizione per il loro atto criminale.
I funerali di Carlo Cammeo sono un’imponente manifestazione di folla. Vengono partecipati da tutte le organizzazioni socialiste e della sinistra, ma, fatto significativo, solo da queste. La situazione politica è cambiata e il movimento dei lavoratori, isolato, si avvia verso la sconfitta. La stessa comunità ebraica non esprime alcuna posizione sull’accaduto.
Ma quello contro Carlo Cammeo non fu l’unico delitto di questo genere. Pare che più di venti siano state le vittime nel pisano della violenza fascista negli anni che vanno dal 1920 al 1925. Qui ci si limiterà a ricordare che nel settembre di quello stesso 1921 veniva ucciso presso Cascina, Paris Profeti segretario della sezione giovanile socialista di Pontedera.
Pochi giorni fa ricorreva il novantanovesimo anniversario dell’assassinio del vicesindaco socialista di Pontedera, Alvaro Fantozzi, ventinovenne, ucciso il 2 aprile 1922 a freddo in un agguato mentre in calesse si recava ad una riunione politica. Gli uccisori di Fantozzi non furono mai individuati né perseguiti. I socialisti avevano conseguito nelle amministrative del 1920 a Pontedera il 67% dei voti.
Questo per dire quanto sia stato alto il prezzo di sangue pagato sul territorio dai militanti socialisti all’avvento del fascismo. Avranno anche avuto difetti e lacune nella loro azione politica -i socialisti- ma il prezzo pagato fu altissimo. Per loro, per Cammeo in particolare, il socialismo non era solo una dottrina politica ma una fede quasi religiosa.
Il 28 Ottobre 1922 i fascisti organizzano la marcia su Roma, il governo di Luigi Facta chiede invano al Re Vittorio Emanuele II di firmare lo stato di assedio. Facta allora si dimette e il Re chiama al governo il duce del fascismo, Benito Mussolini. Il fascismo diventerà regime e durerà vent’anni.
Come si poteva pensare che un regime che si era affermato con la violenza non potesse non portare alle tragiche conclusioni registrate vent’anni dopo.
È la sua stessa ideologia che porta Mussolini ad entrare in guerra nel giugno 1940 nonostante che l’Italia non sia chiaramente preparata a sostenere lo sforzo bellico di una nuova guerra mondiale.
È questa stessa logica di tragica coerenza che lo porterà alla costituzione dello stato- Quisling della Repubblica Sociale Italiana con tutta la scia di morti e di tragedie cui si accompagnò la sua breve esistenza.
Non va certo meglio a Mary Nissim Rosselli e a quegli ebrei che come lei avevano aderito al fascismo. Ricordiamo che è proprio il loro camerata pisano Guido Buffarini Guidi, Ministro dell’Interno della Repubblica Sociale Italiana, ad emanare l’Ordinanza di Polizia n.5 del 30 Novembre 1943 in cui diceva che: “Tutti gli ebrei a qualunque nazionalità appartengano e comunque residenti nel territorio nazionale, debbono essere inviati in appositi campi di concentramento” aggiungendo che “Tutti coloro che, nati da matrimonio misto, ebbero, in applicazione delle leggi razziali vigenti, il riconoscimento di appartenenza alla razza ariana, debbono essere sottoposti a speciale di vigilanza di polizia.”
È singolare la storia di Mary Nissim Rosselli, figlia di quel Pellegrino Rosselli che aveva ospitato a Pisa sotto falso nome Giuseppe Mazzini, fino alla sua morte. I suoi cugini in secondo grado, che portavano il suo stesso cognome, e che continuavano la tradizione democratica della famiglia, i fratelli Carlo e Nello Rosselli caddero il 9 giugno 1937 a Bagnoles de l’Orne in Francia, uccisi dalla Cagoule su mandato del governo fascista italiano.
Interventista era Mary, interventisti erano i Rosselli che persero il fratello maggiore Aldo, volontario nella prima guerra mondiale, ma quanto diverso fu il loro atteggiamento di fronte al fascismo!
Rendendo omaggio a Carlo Cammeo ricordiamo la sopraffazione, la violenza spietata con cui il fascismo arrivò al potere.
Del resto, fu a Pisa che nel 1929 fu individuato a catturato Sandro Pertini, che doveva trascorrere i successivi quattordici anni in carcere e al confino, senza mai conoscere un giorno di libertà, fino al 25 luglio 1943, data della caduta del fascismo.
Tanti anni dopo abbiamo potuto salutarlo Presidente della Repubblica Italiana, della nostra Repubblica: dalle carceri fasciste al vertice dello Stato!
Ma non parliamo qui come se vivessimo in una torre di avorio. Siamo in mezzo ad una pericolosa pandemia che a sua volta provoca una grave crisi economica e sociale. Lo stesso governo che si è recentemente formato si definisce governo di salvezza nazionale.
Una definizione che dà il senso della gravità della situazione in cui ci troviamo.
Noi tutti qui al conseguimento della salvezza nazionale vogliamo concorrere.
Non smobilitando ma al contrario sottolineando le nostre memorie civiche con il loro contenuto etico e morale nel comune riferimento ai valori delle libertà politiche e di pensiero, ai valori democratici della Costituzione nata dalla Resistenza e dalla guerra di Liberazione.
Ha un grande valore esserci ritrovati, donne e uomini di diverse fedi e orientamenti politici, uniti nel ricordo di Carlo Cammeo e nella condanna del suo assassinio perpetrato dai fascisti. Credo fermamente che questo rappresenti un punto di riferimento anche a livello nazionale.
Se noi dimenticassimo Carlo Cammeo avrebbero vinto i suoi assassini. Ma se noi continuiamo a ricordare questo giovane e impegnato dirigente politico, se noi facciamo rivivere oggi la sua voce, sconfiggiamo la morte e affermiamo la vita. E con essa, la libertà di tutti gli italiani.
Tutti insieme dobbiamo farlo e vogliamo farlo. Tutti insieme lo abbiamo fatto, a Pisa, il 13 aprile scorso.

Valdo Spini, Presidente Fondazione Circolo Fratelli Rosselli

(26 aprile 2021)