Oltremare – Il Panel

C’era una volta la Tribuna Politica. Io a dirla tutta non mi ricordo per averne vista molta in diretta – potrebbe essere anche finita, come format, prima della mia età della ragione. Ma comunque, la Tribuna Politica era un programma noiosissimo, lentissimo, nel quale politici che parlavano un italiano forbito e pieno di coordinate e subordinate presentavano le proprie posizioni e decisioni, e stavano seduti composti e in silenzio quando non toccava loro a parlare. Si sa come è poi finita in Italia: i talk show hanno prevalso, l’urlo e l’accapigliarsi verbale (in rari casi persino fisico) sono diventati la norma, e nessuno è più in grado di lasciare che altri possano esprimere le proprie opinioni in pace, nei tempi concordati e senza interruzioni. Ma se qualcuno crede che questo sia il peggio, è segno che non ha mai visto la televisione israeliana in tempo di elezioni. Qui, l’atmosfera arruffata da talk show è stata da anni sdoganata direttamente al telegiornale. I telegiornali non hanno sempre solo un giornalista mezzobusto che funge da Caronte delle notizie e si limita a leggere un testo o un teleprompter, raccontando ai telespettatori qualcosa di nuovo. Il mezzobusto non fa solo da introduzione vivente ad un collegamento con un collega che riporta una notizia da un altro luogo, che può essere la stanza accanto o un distretto della Cina continentale. Evidentemente, un format del genere sarebbe troppo noioso per lo spettatore medio, che ha l’abitudine lui stesso ad essere costantemente interrotto mentre parla, e interrompere a sua volta: questa è un’arte del dialogo che non credo abbia una definizione nella retorica classica, ma che viene insegnata con precisione millimetrica già all’Ulpan, la scuola di lingua e di sopravvivenza culturale e sociale in cui ogni nuovo immigrato studia per almeno cinque mesi al suo arrivo in Israele. È perfettamente logico quindi che al telegiornale della sera si riproduca attraverso il temutissimo “Panel” il modello normale di conversazione israeliana, con un minimo di due o tre persone che parlano contemporaneamente, nessuna delle quali potrà poi dire di aver veicolato dei contenuti perché anche i telespettatori più attenti non possono umanamente aver seguito tutti i fili dei diversi discorsi. A differenza dei talk show però, qui stiamo parlando di telegiornali, quindi accanto al mezzobusto che lotta come un gladiatore sulla sabbia del Colosseo, i parlatori paralleli del Panel non sono politici afflitti da ansia di prestazione, ma invece giornalisti dedicati ad un partito specifico, che alzano la voce per descrivere questa o quella decisione o svolta, esprimendo opinioni e facendo previsioni basate sulle loro conoscenze e confidenze ricevute. E siccome anche in Israele vale la regola della par condicio, i giornalisti/opinionisti di solito siedono in semicerchio a sinistra e a destra del mezzobusto e come inizia la diretta si sa in partenza di quale colore politico sono esperti, e quanta potenza di corde vocali esprimeranno. Quindi nessuno può dire che manchi la voce di un partito o di una parte politica, ma sentirle tutte sotto forma di coro cacofonico forse non è il massimo della limpidezza dell’informazione televisiva.

Daniela Fubini