Il piano di ripresa per l’Italia

“Sono certo che riusciremo ad attuare questo Piano. Sono certo che l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità, gli interessi costituiti. Questa certezza non è sconsiderato ottimismo, ma fiducia negli italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità”. Sono le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi nel corso della presentazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza alla Camera. Un documento che spiega come e dove il governo italiano intende spendere i finanziamenti del Recovery Fund europeo. In particolare, evidenzia Il Post, Draghi ha sottolineato come il primo obiettivo sia riparare i danni della pandemia, ma come prioritari siano anche tre punti “trasversali”: il raggiungimento della parità di genere, gli aiuti ai giovani e la crescita del sud Italia.

Foggia e l’agguato ai braccianti. Stavano rientrando a casa in auto, quando all’improvviso tre giovani braccianti sono diventati il bersaglio di un agguato compiuto da sconosciuti che a bordo di un fuoristrada hanno sparato contro di loro con un fucile a pallini. Una delle vittime, Sinayogo Boubakar, un cittadino maliano di 30 anni, è stato colpito al volto e ferito gravemente. L’agguato è avvenuto verso l’1.30 di notte nelle campagne tra Foggia e San Severo, a poca distanza dall’altro insediamento spontaneo di migranti della zona, detto il gran ghetto, dove i tre vivono. Per i magistrati “si è trattato di un agguato. – scrive Repubblica – È stata sfortuna che sia capitato a loro. Ma non un caso. Chi ha sparato aspettava la prima macchina di ‘neri’. Per spaventarli e punirli”. Contro queste vessazioni parla Aboubakar Soumahoro, sindacalista leader della “Lega Braccianti” che a Repubblica ricorda come: “In questo periodo di pandemia i braccianti, in Puglia e in tutta Italia, hanno confermato di svolgere un lavoro indispensabile. Se il Paese ha potuto resistere è stato anche grazie al lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori che, senza diritti, nei campi hanno continuato a fare il loro dovere. Lavorare, lavorare. Nessuno parla di loro, però. Nessuno ha fatto qualcosa per loro. Schiavi erano e schiavi continuano a essere”.

Contro Israele. Il ministero degli Esteri israeliano ha respinto come accuse “assurde e false” il nuovo report contro Israele firmato dall’ong Human Rights Watch. Un’organizzazione, afferma il ministero degli Esteri, che da anni “promuove boicottaggi contro Israele” e per questo non può essere considerata credibile. La diplomazia israeliana ricorda come l’autore del report, Omar Shakir – che accusa le autorità di Gerusalemme di crimini di apartheid nei confronti dei palestinesi – è stato espulso nel 2019 da Israele perché considerato un sostenitore del BDS. In Italia a parlare del report è La Stampa, che lo definisce un documento che “inchioda lo Stato ebraico” e un “colpo duro” per il Premier incaricato Benjamin Netanyahu.

Di Maio negli Emirati. Il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio chiude oggi il suo viaggio negli Emirati Arabi Uniti. Una missione, spiega Repubblica, costruita per cercare di riaprire un canale con il paese mediorientale con cui da diversi mesi i rapporti sono complicati. “Perché – evidenzia il quotidiano – gli Emirati, dopo l’embargo italiano alla vendita di armi, hanno deciso a loro volta un boicottaggio di prodotti italiani, innanzitutto forniture militari della Leonardo”. Nell’articolo si spiega poi che altri contratti sono saltati tra Dubai e aziende italiane – sempre sul fronte delle forniture di armi – e che i rapporti tra Roma e paesi dell’area sono complicati. “Rimangono i contratti cancellati dai sauditi, le difficoltà con la Turchia e quelle più profonde con l’Egitto”.

Pregiudizi decostruiti. Repubblica presenta il volume L’ebreo inventato. Luoghi comuni, pregiudizi, stereotipi, edito da Giuntina, a cura di Saul Meghnagi e Raffaella Di Castro. “Il filo rosso che attraversa tutta la trama non mira tanto a rispondere, con frasi concise e semplici, ad accuse poco legate alla realtà storica e tutt’al più estrapolate da elementi manipolati della tradizione, – si legge nell’articolo – ma a smontare questi cliché ricorrenti attraverso il percorso della conoscenza, e dunque ricapitolando cosa c’è davvero nelle vicissitudini e nei testi ebraici”.

Armeni, genocidio da non dimenticare. Il Grande Male del popolo armeno compiuto ai primi del Novecento dai turchi ora è stato ufficialmente riconosciuto dagli Stati Uniti di Joe Biden come un genocidio. “Eppure la sua storia è poco nota, e soprattutto ancora ne vengono travisate le cause”, scrive il Foglio, ricostruendo la vicenda. Su La Stampa, invece, Mattia Feltri aggiunge: “Molti storici concordano sul modello che il genocidio degli armeni costituì per i nazisti alle prese con gli ebrei, non soltanto nei metodi ma nei pretesti: per Hitler, gli ebrei erano la causa della sconfitta tedesca nel 1918 e, peri turchi, gli armeni lo erano del tracollo delle ambizioni turche, che speravano nella guerra per rifare grande il loro impero davanti all’Occidente malvagio. Riconoscere il genocidio significherebbe per i turchi riconsiderare la storia immutabile attorno a cui si consolano e ammettere di essere vittime un po’ meno vittime e carnefici un po’ più carnefici”.

La voce dell’Europa contro Lukashenko. Nei prossimi giorni Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa contro il dittatore Lukashenko, arriverà in Italia in visita. E il suo messaggio è per tutta l’Europa: “contro Lukashenko serve più coraggio”. Tikhanovskaya lo sottolinea in un’intervista a Repubblica, spiegando che “Quello che sta succedendo in Bielorussia non riguarda solo il nostro popolo. È una sfida peri Paesi democratici. Devono dimostrare che valori e diritti umani non sono solo parole, ma che sono pronti a combattere per difenderli”.

Segnalibro. Nelle librerie italiane arriva dal 29 aprile Spie di nessun Paese di Matti Friedman (Giuntina), ricostruzione della vita di quattro giovani spie israeliane che saranno tra le prime a riuscire ad infiltrarsi nelle fila dei vicini paesi arabi. Non a caso il loro gruppo era chiamato Mistaʻarvim, “quelli che diventano come arabi”. A raccontarne oggi la storia, presentando il libro di Friedman, il Giornale.

Daniel Reichel