L’incontro con Furio Colombo
“Libertà e democrazia,
conquiste da difendere”

Come tradizione anche quest’anno l’Asset, l’associazione ex allievi e amici della Scuola ebraica di Torino, ha organizzato un evento per celebrare il ricordo e il significato del 25 aprile. Ospite della conferenza “Questo 25 aprile. Il valore della libertà, il valore della democrazia”, svoltasi in digitale, un protagonista di queste battaglie: il giornalista ed ex senatore Furio Colombo.
In apertura d’incontro Giulio Disegni, Presidente dell’Asset, ha sottolineato come il nome a cui la scuola media ebraica torinese è intitolata, Emanuele Artom, catturato il 25 marzo 1944 da una pattuglia di SS italiane e morto il 7 aprile a seguito di torture e sevizie indicibili, costituisca un simbolo imperituro della lotta partigiana e della Resistenza al nazifascismo. Ha inoltre ricordato l’impegno civile e il contributo essenziale di Colombo perché venisse istituita, con la legge 20.7.2000 n. 21, il Giorno della Memoria. E di quel momento fondamentale per la nostra storia recente è stato posto l’accento su come si arrivò ad una approvazione unanime: “Devo dare atto – dichiarò anni dopo Colombo – al Presidente della Camera di allora, Luciano Violante, di un gesto molto significativo: far trovare sui banchi dei deputati il testo delle leggi razziste stampato in caratteri ancora in uso. Prima della votazione dissi ai miei colleghi che se i deputati fascisti avevano approvato all’unanimità le leggi razziste, noi dovevamo votare all’unanimità l’istituzione di un giorno della memoria. E così avvenne”.
Colombo ha poi risposto ad una vera e propria raffica di domande. Dapprima dei due bravissimi conduttori dell’incontro, entrambi ex allievi della Scuola ebraica, Simone Disegni, giornalista, e Filippo Tedeschi, neo-laureato in Scienze Storiche e Orientalistiche, e poi del pubblico – su temi che hanno spaziato dal significato e dall’attualità del 25 aprile, all’attuale situazione politica internazionale, alle instabilità presenti in alcuni Paesi, al preoccupante ritorno di un neofascismo condito di razzismo e di odio verso chi è diverso.
Anche il negazionismo è stato al centro di alcune riflessioni, mai disgiunte dalla considerazione di fondo che il 25 aprile segna la storia non soltanto del popolo italiano, ma dell’intera umanità, di uomini che hanno sofferto e combattuto, per liberare dalle catene dell’oppressione, dagli orrori e dai soprusi di cui il fascismo si è fatto portatore. Quel fascismo, ha sottolineato Colombo con forza, quasi gridato, che è “reato” e che ha lasciato visibili ferite e cicatrici, che debbono essere scolpite nella memoria.
E tutto va ricordato di quegli orrori, perché non abbiano a ripetersi, a cominciare dal significato del tricolore, vera bandiera della Liberazione, di cui, come ha scritto Colombo sul Fatto Quotidiano del 25 aprile, ripetendolo poi nell’incontro, è diventata “truffaldina” l’ostentazione in tutte le occasioni care a coloro che con la memoria del 25 aprile poco o nulla hanno a che spartire:
“Non c’era il tricolore fra i soldati occupanti tedeschi che, su informazioni italiane, hanno eseguito la razzia di cittadini italiani ebrei nel ghetto di Roma il 16 ottobre 1943. Non c’era il tricolore mentre venivano diligentemente eseguite le stragi di italiani, a cominciare dalle Fosse Ardeatine. E non c’erano sui treni che andavano ad Auschwitz.”