L’intervista al rabbino capo d’Olanda
“Non basta condannare, bisogna agire:
ecco perché incontrerò gli ultrà”

“Condannare a parole è doveroso, ma non sufficiente. Vorrei cercare di capire cosa passa nella testa di chi odia, e di chi lo fa servendosi di un gioco molto amato come il calcio. Preciso che non ne sono un fan. Non lo seguo, non tifo nessuna squadra. Ma non mi sfugge il suo impatto, la sua enorme valenza sociale”. 
Rav Binyomin Jacobs è il rabbino capo d’Olanda. Qualche giorno fa, davanti all’ennesima intemperanza del mondo ultrà, un orribile coro antisemita dei supporter del Vitesse che evocava sia i campi di sterminio nazisti che il gruppo terroristico Hamas, ha deciso di passare all’azione. Ha chiamato il sindaco di Arnhem, la città di cui il Vitesse è espressione, e gli ha proposto: incontriamo una rappresentanza della curva, confrontiamoci con loro. Aiutiamoli ad uscirne rafforzati, più consapevoli.
“Il sindaco, che si chiama Ahmed Marcouch, è musulmano ed è un mio buon amico, ha subito accettato. Non c’è ancora una data ufficiale per l’incontro. Ma presto si farà”, racconta rav Jacobs a Pagine Ebraiche. Difficile farsi delle aspettative precise: “Non so esattamente cosa accadrà, può essere che emergano della tensione e del rancore, ma penso sia stato importante gettare questo sasso. Vorrei che questo incontro, che si svolgerà nella sede del Comune e ha il sostegno della dirigenza del Vitesse, ci portasse verso un nuovo inizio. Dobbiamo essere costruttivi e propositivi, lavorare insieme per muovere la leva più importante: quella educativa”. 
L’antisemitismo che pervade certi ambienti del tifo non è una novità per l’Olanda. Rav Jacobs, che è anche parte del board della European Jewish Association, lo sa bene. L’attenzione è in questo senso catalizzata dalla squadra più gloriosa del Paese, l’Ajax, la cui storia si è spesso intrecciata con le vicende degli ebrei olandesi e in particolare con quelli di Amsterdam. 
Negli Anni Venti e Trenta del secolo scorso i tifosi sognano con Eddy Hamel, fortissima ala statunitense. Il “jewish boy”, il ragazzo che ce l’ha fatta. Un nome che diventa proibito con l’avvento della guerra, l’occupazione e la persecuzione nazista. Hamel stesso ne farà le spese, venendo deportato e ucciso ad Auschwitz. A salvarsi sarà invece Jaap Van Praag, negoziante di dischi che si nascose nel retrobottega di un negozio. Sarà lui a guidare la ricostruzione del club negli Anni Sessanta, assieme tra gli altri a Maup Caransa, anch’egli ebreo, e ai fratelli Wim e Freed Van Der Mejiden, che con i nazisti si erano invece compromessi. Un controverso e complesso incastro. L’Ajax, da allora, diventa comunque la “squadra ebraica” per eccellenza. Una fama che avvolgerà anche il suo giocatore più rappresentativo, il leggendario Johan Cruyff, che ebreo non era ma che mostrò un certo apprezzamento per il titolo di “ebreo onorario” che gli fu assegnato da alcuni. Su questo argomento scherzerà tra gli altri anche con l’ex presidente israeliano Shimon Peres, grande appassionato di calcio, che incontrerà nella sua residenza.
Il coro antisemita è stato cantato alla vigilia di un incontro di campionato tra l’Ajax, saldamente in testa alla classifica, e il Vitesse, quarta forza del torneo. “Un episodio gravissimo, avvenuto in un momento storico in cui l’antisemitismo bussa con forza e in molti modi nelle nostre vite. Ma lavoreremo – sottolinea Jacobs – affinché si possa voltare pagina”.

(Nelle immagini, dall’alto in basso: rav Binyomin Jacobs, la curva del Vitesse, Johan Cruyff con Shimon Peres)

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(28 aprile 2021)