La serata di studio e testimonianze
“Rav Richetti, segno indimenticabile”

Nel trentesimo dalla scomparsa molte voci e testimonianze hanno caratterizzato una intensa serata di studio organizzata da Assemblea Rabbinica Italiana e UCEI in ricordo del rav Elia Richetti. 
Gioia, ottimismo, risolutezza: tre caratteristiche che definivano questo grande rabbino e Maestro, evidenziate nel suo saluto introduttivo dalla Presidente UCEI Noemi Di Segni. “Non ci sono parole – ha riconosciuto – per definire il vuoto che lascia. Un vuoto non solo per la famiglia, ma per tutto l’ebraismo italiano”. Ad essere evidenziate la qualità, la forza e l’autorevolezza del suo impegno. Il suo essere stato un modello di saggezza, ma anche di umanità.
Il primo Davar Torah è stato del rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova e membro della Giunta UCEI. Citando un commento di Rashì, il rav si è soffermato sui modi “in cui è possibile onorare il Signore, con i beni di cui ci ha fatto dono”. Tra questi la propria voce. Quella del rav Richetti, il chazan per eccellenza dell’Italia ebraica, resterà indimenticabile. “La voce della tefillah e della Torah. Attraverso essa – le sue parole – ha ridato vita a tante melodie di comunità scomparse che grazie a lui hanno continuato ad esistere”. 
Per rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano e presidente dell’Ari, rav Richetti era “un rabbino che ti faceva ‘sentire’ la Torah”. Rav Arbib ha aperto il proprio intervento soffermandosi sull’importanza della chazanut e del canto nel mondo ebraico. “La Torah non è solo canto, ma non la si può ridurre neanche a solo intelletto: altrimenti il rischio è di trasformare qualcosa di vivo in qualcosa di morto. Rav Richetti aveva questa capacità: sapeva coniugare le emozioni con le idee”. 
Rav David Sciunnach, presidente del tribunale rabbinico del Centro Nord-Italia, ha esordito con una battuta: “Scherzando in tevah, lo chiamavo juke box. Mi chiedeva: questa chiamata come la vuoi? In rito triestino, veneziano, romano?”. Per ricordarlo rav Sciunnach ha attinto dal Pirkei Avot, in particolare da una Mishnah in cui si introduce il tema del rispetto: “Di solito chi è più ‘grande’ in saggezza è abituato a relazionarsi con gli altri con distacco e superiorità. Ma rav Richetti – ha osservato – ha sempre trattato tutti allo stesso modo”. 
Rav Roberto Della Rocca, direttore dell’area Cultura e Formazione UCEI, ha elogiato il suo prezioso contributo nei diversi eventi aggregativi organizzati per conto dell’Unione. “C’era sempre, con grande entusiasmo ed empatia. Non c’era Tefillah o Birkat Hamazon – ha affermato – in cui non si offrisse di fare il volontario”. Per rav Richetti, il pensiero del rav Della Rocca, “fare il rabbino non era una professione, ma una cosa ben diversa; aveva inteso alla lettera un concetto tratto dal libro dei Re: ‘Io me ne sto in mezzo al mio popolo, sempre e dovunque”. 
Rav Richetti è stato il rabbino di riferimento di numerose sinagoghe e Comunità italiane. A loro è stata dedicata la seconda parte del limmud, che è stato trasmesso sul canale social e sulla webtvUCEI e moderato da Davide Saponaro.
“Tramite il suo insegnamento in tanti si sono riavvicinati” ha spiegato Eli Innerhofer, presidente della Comunità di Merano. “Sapeva accompagnare percorsi difficili di teshuvà prendendo per mano con delicatezza, rispetto, disponibilità a 360 gradi. Aveva la capacità di far sentire tutti importanti, da ognuno tirava fuori il meglio di sé”. 
Un concetto rimarcato anche da Rossella Bottini Treves, presidente della Comunità di Vercelli: “Perdiamo un amico, un confidente, un Maestro. Dietro di sé ha lasciato una grande luce. Era molto affezionato alla nostra sinagoga, ma ha avuto tanti amici anche fuori dal mondo ebraico. Dal più giovane al più anziano, si è rapportato con tutti allo stesso modo”. 
Eddie Olifson, presidente del Tempio milanese di via Eupili di cui il rav è stato per anni una colonna, ha poi affermato: “Averlo vicino è stato una grande fortuna. Per tutti noi è una perdita enorme”. Olifson ha accostato la sua figura a quella di un grande rabbino omonimo, rav Elia Kopciowski, di cui cadrà tra qualche giorno il centesimo anniversario dalla nascita. 
A concludere la serata un saluto di Ishai Richetti, il figlio del rav: “Dal giorno della scomparsa siamo stati sommersi da messaggi. Sapevamo che era benvoluto, ma non immaginavamo così tanta luce, così tante vite toccate. Tutto questo ci ha dato e continua a darci conforto”. 

(5 maggio 2021)