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Cinque maggio
Cade oggi il bicentenario della morte di Napoleone Bonaparte. La cosa non deve passare sotto silenzio per chi, almeno in terra sabauda, ha avuto legami diretti con i dieci e cento Barbapartìn delle proprie genealogie famigliari. In Piemonte il fenomeno è stato più vistoso perché l’eroe eponimo sbucò proprio dalle Alpi Maritime all’inizio della sua gloriosa campagna d’Italia, ma la sua fama non fu minore nel resto della penisola.
Tuttavia, non soltanto nella scelta dei nomi per i figli, gli ebrei italiani dal 1821 in poi hanno celebrato una lunga cerimonia di addio che oggi sarebbe bene – sia pure brevemente- rievocare. Una secolare elaborazione del lutto, senza pentimenti. Cento anni fa, nei festeggiamenti per il primo centenario, c’era stata, a cura di Immanuel Sofer, alias Emilio Schreiber, la traduzione ebraica dell’ode manzoniana “Cinque maggio”. Nell’immaginario degli ebrei italiani Bonaparte rappresenta un vero e proprio mito. Il suo ricordo si porta dietro simbologie importanti, che costeggiano la memoria ebraica: l’Albero della Libertà, l’onore di avere un membro della propria famiglia invitato a Parigi a sedere ai lavori del Sinedrio (ricordo la serietà con cui ne parlava una persona come Cesare Cases, poco disposta per altro a celebrare i fasti famigliari). Se ne vede traccia anche nel vocabolario poetico connesso al ritratto dell’Imperatore.
Ei fu, Manzoni, d’accordo. Il mortal sospiro, d’accordo. Soprattutto Giosue Carducci e la sua ode “Bicocca S. Giacomo” recitata a memoria dai nostri nonni e bisnonni: “E Bonaparte dice a’ suoi, da Monte Zemolo uscendo al Tanaro sonante — Soldati, Annibal superò quest’Alpi, noi le girammo —. Di greppo in greppo su ‘l cavallo bianco saetta il còrso. Spiovongli le chiome in doppia lista nere per l’adusto pallido viso, e neri gli occhi scintillando immoti fóran dal fondo del pensier le cose. Accenna. E come fulmine Massena urta ed inonda, ove Corsaglia al Tanaro si sposa dal mezzo fiede Serurier, sinistro batte Augereau. Gloria a’ tuoi forti, o ponte di San Michele! Avanza sotto il tricolor vessillo l’egualitade, avanzano i plebei duci che il sacro feudale impero abbatteranno”.
Alberto Cavaglion
(5 maggio 2021)