L’intervista a Oreste Bisazza Terracini
“Accusare Priebke fu un onore:
mai temuto di non farcela”

“Il ricordo di quel processo non mi suscita alcuna emozione. Ripenso freddamente al passato, e lo valuto come uno dei tanti episodi di lotta all’antisemitismo dei quali mi sono interessato professionalmente e, a volte, stato protagonista. Ero, e sono tuttora, perfettamente convinto che Priebke fosse un criminale. E come tale ho contribuito a farlo condannare al massimo della pena”.
Avvocato di fama internazionale, figlio adottivo di quell’Umberto Terracini che fu presidente dell’Assemblea costituente, Oreste Bisazza Terracini ricorda con Pagine Ebraiche uno dei momenti più significativi della sua carriera: la difesa della Comunità ebraica romana nel processo contro il capitano delle SS, responsabile dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, che prendeva avvio nella Capitale esattamente 25 anni fa.
“È stata – dice – la sola volta nella mia vita professionale che, costituito parte civile, ho indicato espressamente la pena alla quale l’imputato sarebbe dovuto essere condannato. Questa è una cosa che non faccio mai, ma in quel caso, ho ritenuto opportuno farlo, anche per il valore mediatico che l’evento aveva assunto”.
Cosa significò, per lei, accettare quell’incarico?
Non ho dovuto essere convinto da nessuno. Il presidente della Comunità ebraica mi chiese di farlo, ed io lo feci. Assumere l’incarico non ha comportato nessuna accettazione. È stato un piacere, per me, accusare un simile individuo. Arrogante, con due occhi freddi, glaciali e nessuna forma di pentimento nel cuore.
Inizialmente le cose non sembrarono andare per il verso giusto. Ebbe mai paura di non farcela?
No. Non ho mai avuto paura di non farcela, anzi ne ero sicuro. La prima sentenza mi lasciò sconcertato. Ma, ricondotti i remi in barca, ho potuto remare fino al pieno successo, che sono riuscito a conseguire. Sapevo che Priebke sarebbe stato aiutato per non patire eccessivamente, e quindi avvertivo che sarebbe successo quello che è poi accaduto, mediante una collocazione detentiva di limitata sofferenza. Ho cercato giustizia, l’ho ottenuta. Non ho cercato vendetta. Probabilmente, avrei potuto ottenere anche quella.
Che sensazioni provò con la condanna all’ergastolo? Cosa ha rappresentato, quel giorno, per l’Italia? E per lei personalmente?
Non so cosa abbia potuto rappresentare per il mio paese, l’Italia, la condanna di Priebke. Durante un colloquio a casa sua, a Milano, Indro Montanelli si dichiarò contrario alla mia intransigenza processuale. La stima ad amicizia per l’illustre giornalista non mi ha spinto a cambiare opinione ma, credo, che l’opinione della maggioranza degli italiani fosse stata, e tuttora sia, diversa dalla mia.
Cosa pensa dell’applicazione effettiva della pena? L’Italia è stata all’altezza di questa sfida? Soprattutto, l’Italia è all’altezza di un impegno di Memoria consapevole? O al contrario il rischio dell’oblio è sempre più dietro l’angolo?
L’Italia non fu sfidata da nessuno, e neppure messa in mora. In una delle mie arringhe, riportata ancora integralmente nell’archivio di Radio Radicale, c’era un invito, ma non una sfida. La memoria dovrebbe essere sempre consapevole. L’oblio naviga nell’inconscio, ed io credo che l’inconscio degli italiani tenda all’oblio, che si dovrebbe rimuovere con metodi diversi da quello che molti credono che il Giorno della Memoria possa avere. L’espressione del voto degli italiani conduce a fare valutazioni non entusiasmanti e, tampoco, lusinghiere. Voglio comunque aggiungere che ho rassicurato la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che mi sollecita e stimola a proseguire in questo mio impegno nella lotta all’antisemitismo, di stare tranquilla: lo farò.

a.s twitter @asmulevichmoked

(10 maggio 2021)