La nostra Norimberga
Venticinque anni fa, l’8 maggio 1996, iniziava il processo Priebke, che avrebbe portato all’indegna assoluzione per prescrizione dell’assassino delle Fosse Ardeatine da parte del tribunale militare che lo stava giudicando, all’insorgere della Comunità ebraica romana che giungeva quasi ad occupare la sede del tribunale militare, e infine all’intervento risolutore del Ministro di Grazia e Giustizia Flick, che impediva il rilascio dell’ufficiale nazista. Successivamente, Priebke sarebbe stato condannato prima a 15 anni e poi, nel 1998, in appello, all’ergastolo. Un ergastolo dorato, giustificato con la sua età, a domicilio, non senza qualche passeggiata in motocicletta. Noi romani lo ricordiamo.
Pochi anni prima, nel 1994, era stato scoperto nella cancelleria della Procura Militare, a Roma, l’armadio della vergogna: un armadio girato verso il muro dove erano state archiviate decenni prima e là abbandonate 2.274 notizie di reato, relative a crimini di guerra commessi dai militari tedeschi sul territorio italiano fra il 1943 e il 1945.
Il processo a Priebke, si è detto, è la nostra Norimberga. Una Norimberga con pochi condannati e molti salvati. Pochissimi, si contano sulla punta delle dita, i condannati a morte nel dopoguerra. I tribunali, anche quelli creati apposta per giudicare i collaborazionisti, mostrano nella mitezza delle condanne e nel linguaggio stesso in cui formulano le sentenze, la continuità con l’apparato giudiziario fascista, col valido supporto di un’amnistia che copre quasi la totalità dei reati commessi durante l’occupazione. C’è da stupirsi che per molti decenni non si sia affermata la verità sul pieno coinvolgimento dei fascisti di Salò nei fatti terribili di sangue commessi dai nazisti e nella caccia agli ebrei? I nazisti, anche con l’aiuto del Vaticano, si erano rifugiati in Sudamerica, come Eichmann, come Priebke. A metterli nei guai saranno ad un certo punto le interviste che rilasceranno, convinti di poter essere al di sopra di ogni legge. Storie dimenticate, tanto più oggi, che quelli che inneggiano a questi assassini si muovono liberamente, coi loro tristi simboli, nelle nostre città.
Il momento dell’insurrezione degli ebrei romani contro l’assoluzione di Priebke fu uno dei pochi momenti alti di tutta questa storia. Avremmo forse voluto che ad insorgere non fossero stati solo gli ebrei. Perchè le efferatezze commesse dai nazifascisti a Roma, dal 16 ottobre alle Fosse Ardeatine, non riguardavano solo gli ebrei, anche quando ad esserne vittime sono stati solo gli ebrei, come nel 16 ottobre. Alle Fosse Ardeatine gli ebrei erano un numero molto alto, 75 su 335, ma pur sempre una minoranza. Riguardano tutti, e in primo luogo i non ebrei: i cittadini di una città che ha vissuto un’occupazione sanguinosa e devastante, quelli che hanno aiutato, gli indifferenti, i complici. E i loro nipoti, che con quella storia avrebbero dovuto fare i conti. Perchè solo la giustizia può portare alla pacificazione.
Anna Foa
(10 maggio 2021)