Oltremare – Fuoco
Il fuoco brucia, è inutile girarci intorno. E questo vale per tutto quello che riesce a toccare, specie in un paese nel mezzo del Medio Oriente, dove basta una stagione invernale poco piovosa, o uno scirocco primaverile più lungo dei soliti due-tre giorni, per creare le condizioni perfette per incendi incontrollabili.
In questi giorni, dopo il disastro del Monte Meron, la pagina di Wikipedia che descrive l’incendio del Monte Carmelo del dicembre 2010 è stata prontamente modificata. Prima lo descriveva come il peggiore disastro civile dalla fondazione dello Stato d’Israele, con i suoi 44 morti. Oggi dice che è il secondo, dopo il disastro del Monte Meron del maggio 2021, nel quale sono morte 45 persone. Quello che la pagina non dice è che anche al Meron i morti sono stati causati dal fuoco. Non direttamente, certo, ma è stata la volontà di partecipare all’accensione del falò di Lag Ba-Omer proprio in quel luogo fisico, sul tetto angusto e senza vie di fuga della tomba di Rabbi Shimon Bar Yochai, invece che in un qualunque spazio aperto e controllato, che ha portato a quelle morti.
Quel che è peggio, è che il fuoco tende a moltiplicarsi. Lo fa da solo, o con l’aiuto di interventi esterni, come era capitato nel 2010 quando, mentre il Carmelo bruciava e ancora non si sapeva se per motivi naturali o per volontà di far del male – chiamiamolo pure terrorismo perché quando si attenta alla vita delle persone non ha importanza il come ma il perché – gli incendi in giro per il paese si erano moltiplicati, per chiara volontà umana, ma erano stati spenti velocemente, mentre il Carmelo bruciò per quattro lunghi giorni.
E anche oggi, dopo la tragedia del Monte Meron, prevedibile quanto evitabile, il fuoco continua a moltiplicarsi, cambiando forma e luogo ma provocando ancora danni irreparabili. Con un calendario pieno di feste musulmane ed ebraiche, due luoghi in Israele sono in fiamme: Gerusalemme in senso metaforico, e la zona intorno a Gaza in senso quanto più materiale.
Mentre a Gerusalemme sembra che tutti contribuiscano a tenere alta la tensione, a creare occasioni di scontro e a evitare le normali celebrazioni stagionali di due delle religioni che la chiamano capitale, da Gaza è ripreso il lancio di allegri e colorati palloncini con appeso esplosivo, che cadono su campi coltivati bruciandoli senza pietà proprio un attimo prima del raccolto, o su zone abitate mettendo in pericolo le vite stesse degli abitanti – legittimi, da sempre – della zona.
Siccome andiamo verso l’estate, e si sa che tradizionalmente dopo la festa di Shavuot che cade fra una settimana esatta non piove poi fino all’autunno inoltrato, sarebbe bene che qualcuno facesse fare d’urgenza una doccia ghiacciata ai leader dei vari movimenti, gruppi, perfino governi coinvolti, da qualunque lato siano. È interesse di tutti fermare il fuoco, anche quello metaforico che qui ha la pessima abitudine di trasformarsi come niente in fuoco vero, sparato da armi.
Daniela Fubini
(10 maggio 2021)