Vecchi e nuovi fronti

I dati dell’epidemia cominciano ad essere incoraggianti anche in Europa, si fanno sentire gli effetti della campagna vaccinale. Ci sono ancora delle pericolose sacche di contagio nel mondo, ma il mondo pare dirigersi verso un ritorno alla normalità. In Israele questo significa ritorno di razzi, ormai diretti anche verso le principali città. Ancora una volta, in un intersecarsi di conflitti religiosi, sociali, motivazioni politiche, la situazione si è avvitata e non pare se ne uscirà a breve. Israele, come sarebbe per ogni altro Paese al mondo, non si fermerà finché non riterrà di aver eliminato tutte le piattaforme missilistiche da cui partono i razzi diretti verso Tel Aviv e tutti gli altri centri abitati. Dal canto suo, Hamas, questa organizzazione criminale e mafiosa che conta ancora proseliti in sacche archeologiche della sinistra europea, deve dimostrare di esistere e l’unico modo che conosce è lanciare missili senza distinguere fra obiettivi civili e militari. Intanto, si aprono nuovi fronti nelle città in cui convivono musulmani ed ebrei. Anche qui, non si capisce che sbocco possano avere queste rivolte: forse qualcuno vuole varcare il confine e trasferirsi armi e bagagli a Gaza? Certo, il conflitto potrà avere effetti sulle contingenze del momento (vedi elezioni cisgiordane e trattative per il governo israeliano), ma la sensazione è quella di un eterno ritorno dell’uguale, polemiche anti-israeliane comprese. Anche se preoccupano l’escalation di violenza e l’arsenale di Hamas.

Davide Assael

(12 maggio 2021)