Setirot – Ordine nei pensieri

Credo e temo che il conflitto stia per giungere a uno dei suoi apici più drammatici. Sento il bisogno – nell’immenso dolore personale e collettivo – di mettere in ordine i pensieri facendomi guidare, nei limiti del possibile, dalla ragione e non dai sentimenti. Vorrei ci provassimo in molti. Separando, per esempio, la questione di Hamas (ovvero la dittatura terrorista che regna a Gaza e che riversa centinaia di razzi sulle popolazioni civili israeliane) dalla quasi quarantennale tragedia israelo-palestinese. Ciò che trovo drammatico sono gli scontri in territorio israeliano, sinagoghe incendiate in cittadine cresciute all’insegna della convivenza: non più intifada, ma vera e propria guerra civile. Non è ora il momento di ricominciare la macabra sceneggiatura del western mediorientale. Tutti hanno provocato l’altro. Certo, la risposta hamasiana a suon di missili è criminale anche nei confronti degli abitanti di Gaza perché la ritorsione è certa nonché giustificata. Fermiamo le sfide all’OK Corral tra di noi nelle comunità. Ci confronteremo magari domani. Anzi, domani sarà necessario: non con tutti i morti di queste ore – penso con strazio soprattutto ai bambini – che rischiano ancora una volta di accumularsi. Diciamolo però, a voce alta: era tutto scritto. Non si lascia incancrenire per decenni una crisi di quelle dimensioni. Governanti israeliani e palestinesi hanno la responsabilità di uno status quo che può portare unicamente odio e morte. Perché, appunto, non è un film western, non ci sono i buoni e i cattivi, non è una lotta tra bene e male, ma piuttosto somiglia – come diceva Amos Oz – a una tragedia antica, nell’accezione più precisa che la parola assume: lo scontro tra un diritto e un altro, tra una rivendicazione profonda, pregnante, convincente, e un’altra assai diversa ma non meno convincente, pregnante, non meno umana.

Stefano Jesurum

(13 maggio 2021)