Ticketless – Atavismo alla tastiera
Di tutte le stramberie uscite fuori dalla mente geniale di Cesare Lombroso, l’atavismo è la teoria che, nonostante le smentite ricevute, continua su di me a esercitare il suo fascino. Mi capita spesso di pensare che l’atavismo non sia una teoria da gettare via. Ci ripenso seriamente ogni volta che assisto a una rissa televisiva, a un presentatore o un invitato che fanno smorfie animalesche, ruggiti leonini, suoni inarticolati sberleffi davanti alla telecamera ringhiando contro l’avversario. Lombroso aveva ragione: mi capita di pensare alla teoria dell’atavismo anche quando leggo le frasi di odio prodotte dagli odiatori seriali, i delinquenti della tastiera, cui il grande antropologo dedicherebbe oggi un volume intitolandolo Il blogger delinquente. Lombroso cercava le nostre caratteristiche non possedute né dai genitori, né dagli immediati ascendenti, ma in lontanissimi nostri antenati ancora privi delle doti morali, del senso critico, della civiltà. Nel caso dell’uomo, l’atavismo veniva distinto da Lombroso in vari modi (familiare, storico, preistorico, bestiale o filetico) a seconda del periodo più o meno arretrato al quale fare risalire l’esistenza del carattere atavico. Leggo questa settimana che a farne le spese, per l’ennesima volta, è stato il Museo Lombroso di Torino, un luogo per me fondamentale se si vuole comprendere la scienza dell’0ttocento nelle sue luci e anche nelle sue ombre. Qualche leone della tastiera ha definito le sale di questo museo “una fossa comune” aizzando contro i promotori del Museo una canea indegna di una società civile ed evoluta. La mia solidarietà al professor Silvano Montaldo.
Alberto Cavaglion