Spuntino
Sette forme di beatitudine

Il brano settimanale di Nasò, che è in assoluto il più lungo della Torah, contiene la benedizione dei sacerdoti, la Birkat Cohanim (Num. 6:24-26). I Cohanim canalizzano la benedizione che l’Eterno elargisce a ciascuno. Ogni destinatario ha l’opportunità anzi la mitzvah di accettarla. In tre versetti ritroviamo sette categorie di benedizioni, applicabili sia alla sfera materiale che a quella spirituale. Ogni passaggio allude ad una (o due) delle sette forme di beatitudine (“osher”) esistenti (Chesed LeAvraham – Azulai, 2:63): 1) yevarekhehà (= ti benedica) si riferisce alla chokhmà (= saggezza – di fare le giuste scelte) che fa fiorire il nostro patrimonio ed aumentare i meriti; 2) ve-yishmerekha ( = e ti conservi) sono i figli ma anche le conseguenze delle nostre scelte affinchè possano durare; 3) yaer (= illumini) s’intende la luce della vita, la buona salute, fisica e mentale; 4) vi-yichunnekka ( = e ti renda gradevole – nei confronti degli altri e di D-o); 5) yissà (= dia portamento – cioé disponibilità di risorse, ricchezza = ‘osher); 6) panav (= il Suo volto) significa che le cose funzionino come si deve e che la nostra voce venga ascoltata, anche dagli altri (= memshalà); 7) shalom ( = pace). È auspicabile ascoltare (o recitare) la Birkat Cohanim associando ogni passaggio alla sua giusta dimensione interpretativa affinchè la benedizione si possa realizzare nella bontà assoluta del Signore. Tutta la benedizione è espressa al singolare anche se viene introdotta al plurale (“così benedirete i figli di Israele dicendo loro” – loro non lui). Una spiegazione è che per ricevere una benedizione bisogna essere uniti. Un altro motivo è che l’impatto benefico può dipendere dal momento e dal luogo ma soprattutto dalla persona, come ad esempio la pioggia, o il cambio di valuta che può favorire l’importazione ma compromettere l’esportazione e viceversa.

Raphael Barki