Shavuot, il dramma di Gerusalemme e
le memorie dell’Italia ebraica
La tragica notizia del crollo di una tribuna durante il tisch (cerimonia chassidica) in corso a Yerushalaim la vigilia di Shavu’ot si aggiunge a un triste elenco di analoghi eventi accaduti anni addietro proprio durante il mese di siwan. Di alcuni di questi si è serbata memoria nell’ebraismo italiano, come il dramma che si verificò a Mantova venerdì 31 maggio 1776 (13 siwan 5536). Ne parla il Chidà nel suo diario di viaggio Ma’agal Tov riferendo che gli giunse la notizia mentre si trovava a Ferrara.
“14 Siwan [1° Giugno 1776], Sabato. Ci giunse una terribile notizia. A Mantova il venerdì c’erano due matrimoni nello stesso edificio. Nel secondo matrimonio lo sposo aveva fatto in tempo a consegnare l’anello, i Rabbini erano andati in un’altra stanza a firmare il contratto nuziale e avevano appena cominciato le ‘sette benedizioni’, che per i nostri molti peccati crollò il pavimento con tutti coloro che erano presenti nella casa sottostante. E anche il pavimento di questa crollò su una terza casa ancora sotto e pure il terzo pavimento finì per crollare: 65 ebrei morirono lapidati e strangolati, compresa la sposa, sua madre e sua sorella, mentre 30 rimasero feriti, incluso lo sposo. Si trovava lì anche la Signora Ester, moglie del Sig. Pinechas Cohen, ma uno dei servitori inavvertitamente l’aveva spinta ed essa, seccata, se n’era andata via subito prima che la casa crollasse. Anche suo cognato, il Sig. Israel, mentre stava arrivando per le ‘sette benedizioni’ si ricordò di dover scrivere una lettera urgente e così tornò indietro. Fu uno spavento terribile. Rimanemmo molto male alla notizia. Che il Signore ci salvi da tutti i decreti cattivi, così sia la Sua volontà” (Rav A. Somekh (cur.), Rav Chayim Yossef David Azulay, Belforte, Livorno, 2012, p. 265-266).
Pochi anni più tardi il rischio fu corso a Ivrea:
“Fu nel (giugno) 1785 (Sabato Nassò) che trovandosi quasi tutta la corporazione al pranzo nuziale di Giuseppe Isacco Olivetti sprofondò d’improvviso il pavimento della sala e tutta la comitiva colla tavola e i mobili caddero nella camera sottoposta. Non solo non vi lasciò alcuno la vita, ma neppure s’ebbe a lamentare una frattura o lussazione. Si stabilì pertanto di celebrare a perpetuità l’anniversario di quel vero miracolo con luminarie e la recita di apposito Salmo composto dal Rabbino allora in carica e questa festa si commemora il 12 di sivan sotto il nome di Nes Mappoled Abbaid” (lett. “miracolo relativo al crollo della casa” – Flaminio Servi in “Corriere Israelitico”, 10, 1871, p. 216).
Infine, nel pomeriggio di venerdì 5 giugno 1835 ad Alessandria si celebrava in un’abitazione privata il matrimonio di Isachia Vitale con Amalia Vitale. Anche in questo caso il pavimento cedette sotto il peso dei presenti e si consumò la tragedia. Ebrei e cristiani precipitarono insieme: fra gli ebrei vi furono 29 morti, di cui 5 bambini e 35 feriti; fra i cristiani rispettivamente 17 e 12, comprese alcune importanti personalità dell’esercito: la sposa lavorava di cucito per le divise. Morirono lo sposo, il rabbino Matassia Levi De Veali con la moglie Stella Ottolenghi e il vice rabbino Raffael Barukh Amar. La sposa rimase gravemente ferita ma si salvò e visse in seguito per molti anni e così il figlio del rabbino, Elia, rabbino anch’egli. La popolazione alessandrina offrì ogni aiuto possibile, mettendo a disposizione l’ospedale per cure gratuite senza distinzione fra ebrei e cristiani, ma le conseguenze sulla vita successiva della Comunità furono immani. Il sentimento generale di orrore e di rimpianto per il disastro fu sintetizzato dal Prof. Carlo Boucheron docente di latino all’Università di Torino in un’epigrafe latina, poi tradotta in italiano e in ebraico dal giovane Rabbino Marco Tedeschi, figlio del Rav Felice Tedeschi (Pinechas Ashkenazì) di Vercelli (Aldo Perosino, Gli Ebrei di Alessandria: una storia di 500 anni, Le Mani, Genova, 2002, p. 26-27; Rav Raffael Benedetto Amar, Sull’osservanza delle feste, introd. di Rav A.M.Somekh, Belforte, Livorno, 2019, p. 29-30).
Rav Alberto Moshe Somekh
(21 maggio 2021)