Dani Karavan (1930-2021)
Ha concluso la sua vita terrena il grande artista israeliano Dani Karavan.
Nato a Tel Aviv nel 1930, si era formato alla Bezalel academy of arts and design di Gerusalemme e aveva un rapporto particolare con l’Italia, nato ai tempi dell’Accademia di belle arti di Firenze in cui si era formato. Maestro dell’arte ambientale, è stato autore di alcune tra le opere più importanti d’Israele (che l’ha premiato, tra gli altri, con l’Israel Prize): il rilievo murale dell’aula della Knesset, la concezione della piazza Habima di Tel Aviv, il celebre Monumento del Negev. La sua fama era però internazionale. Tra le realizzazioni di maggior impatto Ma’alot, la Museum Platz dei musei Wallraf-Richartz e Ludwig, a Colonia; il monumento commemorativo per Walter Benjamin a Portbou; l’installazione per la sede dell’Unesco a Parigi. L’ultima sua grande mostra è stata in Italia, al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara dove l’aveva chiamato l’allora direttrice Simonetta Della Seta. Era il 2018, ottantesimo anniversario dalla promulgazione delle leggi razziste. Con “Il Giardino che non c’è” Karavan portava all’attenzione del pubblico la sua personale ed emozionante rivisitazione dell’immortale opera di Giorgio Bassani.
Confidava allora: “Sono venuto la prima volta a Ferrara nel 1956 per vedere gli affreschi di Francesco del Cossa e Cosmé Tura. Mi sono innamorato di questa città e da allora ci sono tornato molte altre volte. Negli anni ’80 vi incontrai Paolo Ravenna e immediatamente scoppiò un’amicizia. Grazie a lui ho scoperto il volto ebraico di Ferrara e la storia di Giorgio Bassani. L’idea de Il Giardino che non c’è mi è venuta quando mi sono imbattuto in un gruppo di americani che cercava il giardino dei Finzi-Contini dietro un muro di Corso Ercole I d’Este, senza però trovare nulla”.
Perché, allora, non usare proprio quel muro in Corso Ercole I d’Este per crearvi l’entrata in un vuoto, nel giardino che non c’è? Una suggestione che, spiegava Karavan, si è via via precisata, scontornata, popolata di oggetti. Ecco dunque una ferrovia, con la duplice funzione di far accedere fisicamente il pubblico a quel luogo, ora non più solo mentale, e di ricordare il tragico destino delle tante famiglie ebraiche italiane che in treno andarono incontro alla morte, deportate dai nazisti ad Auschwitz e in altri campi di sterminio.
“Ricordo quelle giornate come un dono, un’esperienza indimenticabile”, spiega Della Seta a Pagine Ebraiche. “Avevo conosciuto Karavan anni prima, in Israele. A colpirmi era stata non solo la grandezza della sua indagine artistica. Ma anche quella semplicità nei modi che è tipica di tutti i grandi”.
Determinanti, nella sua formazione, gli anni italiani. “Tutta la sua arte deriva da quell’esperienza, dall’introiezione del Rinascimento. Non è un caso – osserva Della Seta – che proprio a Firenze, e più in generale in Toscana, abbia lasciato una traccia profonda. Tra gli altri mi viene in mente il raggio laser da lui ideato che collegava due simboli di Firenze: la cupola del Duomo e il Forte Belvedere”. Anche Ferrara, altra città ricca di testimonianze rinascimentali, era nel suo cuore. Come il Meis, che gli ha dato la possibilità di proporre una riflessione di ampio respiro sulla tutela e salvaguardia dei diritti umani. “Un evento di grandissimo valore in sé e – prosegue Della Seta – con una presa molto forte sull’opinione pubblica. Son venuti da tutto il mondo a vederlo. Penso a Noa, la celebre cantante israeliana. O a Kerry Kennedy, la figlia di Bob, riconosciuta paladina dei diritti”. È destino, d’altronde, che tutti i luoghi e gli spazi in cui Karavan è stato all’opera siano fatti per essere “vissuti”. Proprio così, ricorda Della Seta: “Spazi in cui muoversi, camminare, incontrarsi. Non dimenticheremo mai la sua lezione, anche di umanità, che ne ha fatto uno dei migliori interpreti dei valori autentici di Israele. Dani Karavan vivrà sempre con noi”.
(Nelle immagini di Marco Caselli Nirmal: Dani Karavan in visita al Meis; in basso con l’ex direttrice del museo Simonetta Della Seta e con l’allora sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani)