“Lotta all’antisemitismo,
Italia e Germania a confronto”

Nelle sue diverse varianti, l’antisemitismo continua ad essere non solo una minaccia quotidiana nella vita dei cittadini ebrei d’Europa ma anche un’ombra pesante sulla futura tenuta dei valori che dell’Europa stessa sono il fondamento: democrazia, libertà, fratellanza. L’associazione Kesher, in collaborazione con Comunità ebraica di Milano, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Fondazione Cdec, ha stimolato una riflessione su questo argomento prendendo in esame due specifiche realtà: Italia e Germania. Il punto di partenza di un percorso che dovrebbe andare a toccare, prossimamente, anche altri Paesi. 
Di problema “complesso e variegato” ha parlato in apertura di serata l’assessore comunitario alla Cultura Gadi Schoenheit, che ne è stato il moderatore. Dopo i saluti del console tedesco a Milano, Claus Robert Krumrei, e una introduzione generale sul tema a cura di Karen Jungblut, la direttrice delle Iniziative Globali della USC Shoah Foundation che ha spiegato come l’antisemitismo “si stia diffondendo in modo sempre più drammatico”, la parola è passata alle due figure che, su indicazione dei rispettivi governi, hanno ricevuto l’incarico di coordinare ogni sforzo in senso contrario. 
Per primo è intervenuto Felix Klein, commissario speciale per la lotta all’antisemitismo di Germania, che ha evidenziato come “a 76 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale l’antisemitismo sia ancora violento” e come la pandemia in corso, anche nel suo Paese, abbia rispolverato “l’antico mito antisemita della dominazione ebraica del mondo”. Obiettivo delle istituzioni tedesche, ha poi aggiunto Klein, è quello di “promuovere attività nella società civile sia per combattere l’antisemitismo che per rendere più visibile l’ebraismo”. Al riguardo ha auspicato “un maggior coraggio” da parte dei cittadini non ebrei e ricordato l’importanza di un’azione sinergica a livello europeo. 
Un’impostazione condivisa da Milena Santerini, coordinatrice per la lotta all’antisemitismo in Italia, che è anche entrata nel merito della strategia nazionale presentata negli scorsi mesi. “Individuare i diversi ‘antisemitismi’ vuol dire combatterli meglio. Nella strategia – ha affermato – agiamo su vari piani: dai rapporti con il Parlamento alla sfera legislativa, dai ministeri al mondo della cultura e dell’università, per arrivare alle realtà religiose e allo sport”. Per ogni settore sono stati indicati obiettivi e raccomandazioni. “Vigileremo – le sue parole – affinché siano applicate”. 
Due grandi sfide all’orizzonte, secondo la presidente UCEI Noemi Di Segni: promuovere l’adesione alla definizione di antisemitismo dell’Ihra tra governi e istituzioni, ma facendo sì che essa sia recepita “in modo intelligente, con un lavoro preciso pezzo per pezzo”; e agire su una sfera più strettamente costituzionale con un impegno concreto affinché i diritti “non diventino abusi” e la libertà di espressione “libertà di odiare”. 
Per Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione Cdec, illuminante il confronto tra due Paesi che non sembrano aver fatto i conti con il proprio passato allo stesso modo. A conferma del ritardo italiano, ha osservato lo studioso, il commercio ancora fiorente “di ignobili produzioni nostalgiche”. L’antisemitismo, ha poi ricordato, è “un linguaggio trasversale che interessa tutte le componenti politiche e sociali”. In questo senso ha esortato a un lavoro ancor più intenso su due mondi: “comunicazione” e diritto”.

(Nelle immagini: Felix Klein e Milena Santerini)

(31 maggio 2021)