Un nuovo governo
e un nuovo Presidente, Israele pronto al cambio della guardia
Saranno 24 ore di grandi cambiamenti per la politica israeliana. Mentre l’Italia celebrerà la festa della Repubblica, Israele avrà di fronte, salvo imprevisti, un nuovo governo e un nuovo Presidente. L’accordo interno alla “coalizione del cambiamento”, tra il blocco di Yair Lapid e quello di Naftali Bennett, sembra ormai in dirittura d’arrivo. I due leader, rispettivamente di centro e di destra, vogliono chiudere e permettere a Lapid di andare dal Presidente Reuven Rivlin con in tasca il volto del futuro governo del paese. L’ultimo a cui Rivlin dovrà dare il suo benestare. Tra 24 ore infatti la Knesset, già in fermento per la probabile esclusione di Benjamin Netanyahu dal potere esecutivo, sarà chiamata a votare il prossimo Presidente d’Israele. Due i candidati che si contendono il prestigioso incarico: l’ex leader laburista e presidente dell’Agenzia ebraica, Isaac Herzog, e Miriam Peretz, un simbolo nel paese per la resilienza mostrata nonostante la perdita di due figli in guerra. Due figure molto diverse: uno definito il figlio dell’aristocrazia ebraica d’Israele (nipote di uno dei rabbini capo del paese e figlio di un presidente dello Stato) dalle articolate capacità politiche; l’altra presentata come la madre di tutti, nonché come la candidata del popolo. Herzog parte avvantaggiato, ma i giochi politici legati ai negoziati di coalizione potrebbero cambiare le carte in tavola. In ogni caso, la loro sfida non ottiene molta attenzione sui media, perché tutti si chiedono se veramente dopo oltre 12 anni Israele avrà un governo senza Netanyahu Primo ministro. Lui accusa Bennett, la sua numero due Ayelet Shaked, e l’ex Likud Gideon Saar di aver tradito la destra e continua a fare appelli affinché cambino idea. La pressione, raccontano i quotidiani locali, è alta e la contrarietà di alcuni elettori sta raggiungendo livelli pericolosi. Tanto che le autorità hanno deciso di rafforzare la sicurezza attorno a Bennett e Shaked, mentre manifestanti si sono accampati fuori dalle loro case e li hanno accusati di tradimento. Il clima di scontro, secondo alcuni analisti, inizia a farsi preoccupante. “Questi sono giorni difficili per Israele. – scrive su Yedioth Ahronoth il noto editorialista Ben Dror-Yemini – Giorni di prova per la democrazia. Gli angeli del sabotaggio stanno per colpirla. I fanatici danno il tono alla discussione. Qua e là vengo fermato per strada con domande e commenti, soprattutto da persone preoccupate. A destra. A sinistra. Non vogliono questo fervore. Vogliono un governo. Non abboccano all’incitamento. La democrazia è più forte della politica, ho risposto ancora e ancora. Nei prossimi giorni sarà chiaro se ho ragione”.
dr