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Una statua per il Re Umorista
Sono giorni davvero malinconici, ci si intristisce seguendo la cronaca sui quotidiani. Non passa giorno senza che ci tocchi leggere qualche triste notizia. Buona abitudine è rifugiarsi nella provincia italiana, che come si leggeva sul Foglio di venerdì scorso, ci regala ancora magnifiche storie piene di sugo e insegnamento, a patto che i giornali locali la sappiano raccontare: “Laggiù nella grande pianura, nella scenografica piazza di Pomponesco nel mantovano che fece da sfondo al Novecento di Bertolucci e pure a Tinto Brass, va in scena una disputa degna di Guareschi. C’è una chiesa con una facciata invero un po’ vistosa, quasi come la Miranda di Brass, i nemici dicono proprio “posticcia”. È la chiesa dei Santi Sette Fratelli Martiri. E c’è un sindaco col baffo d’ordinanza, Giuseppe Baruffaldi, geometra ed ex presidente della Pro Loco, che coltiva da un ventennio il sogno di abbatterla, quella facciata. ‘Non è in armonia con la piazza’, e poi è stata edificata nel 1921 snaturando la precedente chiesa del Cinquecento. Basta, è ora di ripristinare. Ma don Davide Barili, ovvio, non ci sta: la facciata ormai è lì da cento anni, è storia, fa parte del paese. Sarebbe bello che adesso il caso andasse in mano alle Sovrintendenze di Franceschini, quelle del paesaggio da tutelare e non spostate manco i sassi. Direbbero che va tutelato l’abuso quasi nuovo di cento anni fa, o distrutto un manufatto storico, per dar ragione a un sindaco che la pensa come Tommaso Montanari?”.
Chissà come andrà a finire, si chiede il bravo giornalista. Su questa rubrica mi è già capitato di ripetere che Pomponesco rappresenta per molti versi l’ombelico dell’ebraismo italiano, dove tutti vorremmo regredire per poter ascoltare dalla viva voce di Alberto Cantoni le meraviglie di quella scenografica piazza del Mantovano che fece da sfondo a Bertolucci, Brass e ai racconti di Guareschi.
Nella disputa alla don Camillo e Peppone e a quel sindaco col baffo di ordinanza sottoponiamo oggi un’umile richiesta. Lo facciamo alla buona, con umiltà, senza scomodare né Franceschini né Montanari. Si sbrighino a risolvere la controversia sulla chiesa e si decidano a costruire una statua all’autore del Re Umorista, che trovava già faticoso il viaggio da Pomponesco a Mantova, dove fu a lungo segretario dell’Accademia Virgiliana. Sulla carrozza della tramvia vedeva sempre Giuseppe Sarto, futuro Papa X, a quel tempo parroco a Sarzana: “Non gli ho parlato per timidezza ma avrei potuto farlo, perché andava tutte le sante sere a far la partita alle carte con lo zio Moisé”. Qui di seguito un sommario esile di sentenze del Cantoni, a futura memoria e in sostegno alla sottoscrizione che vogliamo aprire per quella statua. “La mia Pasqua è cominciata già dall’altro giorno”, scriveva a Luigi Antonio Villari, “e durerà fino a giovedì. E’ più vecchia ed ha diritto di essere più lunga. Sapete che si mangia il pane simbolico senza lievito? Anche voi cristiani lo avete adottato, ma solamente per l’ostia consacrata. Otto giorni di azzimo e gallette vi sono sembrati troppo lunghi”. Così scrive di Marco Mortara: “Ebbe dottrina vastissima e lasciò come testamento un grosso volume intitolato Il pensiero Israelitico. Io l’ho posseduto, ma confesso che non l’ho letto, perché, in cose di religione, mi basta di credere”.
Alberto Cavaglion
(2 giugno 2021)