Spuntino – Darsi da fare

All’inizio del brano di questa settimana D-o si rivolge a Mosè “shelach lekhà” ( = manda per te, Num. 13:2) offrendogli la libertà di prendere una decisione. Rashì commenta “leda’atkhà” = a tua discrezione, se vuoi procedi pure, assumendotene tutta la responsabilità. Secondo Rabbenu Bechaye c’è chi spiega “le-to’altekhà” = a tuo beneficio, se pensi che ti convenga allora mandali. Si tratta della spedizione delle spie (“meraglim”) in Terra di Israele per un sopralluogo. Al loro ritorno il resoconto sul viaggio è poco incoraggiante (Num. 13:32): “è una terra che divora i suoi abitanti”. Questa espressione di demotivazione viene punita ritardando l’ingresso in Israele di una generazione e vuole insegnarci che bisogna darsi da fare anche sapendo che la salvezza arriva comunque dall’Alto. D’altra parte questo principio vale non solo per la protezione fisica (ci vuole un esercito che difenda, una ringhiera che ripari, i freni della macchina che funzionino, il rispetto delle norme di sicurezza per impalcature, funivie, ecc.) e la buona salute (è necessario curarsi ascoltando il parere dei medici) ma anche per i sacrifici. È vero che il fuoco scendeva consumandoli dall’alto ma prima era necessario accenderlo dal basso. Anche se c’è scritto che D-o santifica l’uomo (Lev. 20:8), subito prima c’è un’esortazione a santificarsi (Lev. 20:7) quindi anche in questo caso l’iniziativa deve partire dal basso. Come possiamo santificarci? Osservando tutti i precetti (Num. 15:40) di cui ci ricordiamo in virtù dello “tzitzit” (parola con valore numerico 600), che è caratterizzato da cinque nodi e otto estremità (600+5+8 = 613, come il numero delle mitzvot). La vicenda degli esploratori ed il brano dello tzitzit condividono lo stesso verbo “latur.” Per gli inviati in ricognizione nella Terra di Israele è scritto “ve-yaturu” ( = ed esplorino) (Num. 13:2) mentre l’invito a guardare lo tzitzit per ricordarci delle mitzvot è accompagnato dall’esortazione a distogliere sentimenti e sguardo (“ve-lo taturu acharei levavekhem ve-acharei ‘eneichem”) evidentemente da distrazioni fallaci. In proposito Rashi commenta che “il cuore e gli occhi sono spie-meraglim per il corpo.”

Raphael Barki