Il destino di Saman

Uno dei temi d’apertura dei quotidiani di oggi è l’omicidio di Saman Abbas. La giovane, che si ribellava a un matrimonio combinato, è scomparsa la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio. Come si sospettava è stata uccisa e a compiere il delitto è stato lo zio. Lo ha confessato il fratello sedicenne agli inquirenti. Il ragazzo, riporta il Corriere, ha raccontato che quella sera Saman – che si era trasferita in una casa rifugio – era andata dai genitori per farsi ridare la carta d’identità, ma dopo una lite furiosa è scappata. Poco dopo è intervenuto lo zio, Danish Hasain, che l’ha uccisa. Ora ricercato in tutte Europa (Corriere). Secondo il Gip anche i genitori sono responsabili dell’omicidio. “È certo che avessero programmato anche di ucciderla per punirla dell’allontanamento dai precetti dell’Islam e per la ribellione alla volontà familiare, nonché per le continue fughe di casa”, scrive il gip di Reggio Emilia, secondo quanto riportato da Repubblica.

Non ci siano altre Saman. “Mai più alibi per delitti come questo. L’Italia ci aiuti a cambiare le cose”, è l’appello di Usama Skindar, vicepresidente dell’associazione Giovani pachistani in Italia. Intervistato da Repubblica, Skindar parla di “tradizioni che vogliono inchiodarci a una cultura arretrata, che non rispetta le donne e le nostre scelte di giovani che vivono in un contesto nuovo, slegato da costumi provenienti da un retroterra che spesso neppure conosciamo. Abbiamo un problema, ma nessuno osa ammetterlo, figuriamoci parlarne per risolverlo. Saman è morta perché ci sono diversi alibi che attraverso la religione, la tradizione e le usanze hanno armato la mano di suo zio. Bisogna disarmare i misogini e i sessisti, che trovano nell’ambiguità delle interpretazioni la libertà di discriminare”. A riguardo, il Corriere intervista il sottosegretario all’Interno Ivan Scalfarotto, che sottolinea come “Le ragazze che in Italia subiscono questi abusi devono sapere che le autorità e le istituzioni sono dalla loro parte e che sono pronti a proteggerle”. Non basta, evidenzia Mattia Feltri su La Stampa, che si autodenuncia: “A me, a quelli che fanno il mio mestiere, chiederò sempre perché spendere della sociologia del dopocena su ogni morboso episodio di cronaca nera, mentre su un caso come questo, che dà la precisa misura della tenuta della nostra società e dei fondamenti sui cui si regge, prevale un disarmo imperdonabile”. Su Repubblica, Natalia Aspesi pone due domande: “Perché queste famiglie che arrivano in Europa per lavorare non si rendono conto che qui il mondo è altro, anche se non nemico, che non possono isolarsi nelle loro tradizioni, che le leggi sono diverse e anche i rapporti tra persone? Perché pretendono che la giovinezza del loro Paese non abbia altre strade a contatto di un mondo allettante con tutti i suoi errori, che la libertà è di tutti anche di una figlia e di un figlio educati all’Islam, anche se difficile per tutti, compresi gli italiani?”.

Israele, fiducia a data da destinarsi. Il Presidente della Knesset Yariv Levin non ha ancora sciolto la riserva su quando fisserà l’attesissima data del voto di fiducia al “governo del cambiamento”, come è denominato l’esecutivo a guida Naftali Bennett – Yair Lapid. Non si potrà andare oltre il 14 giugno, ma nel mentre le tensioni aumentano all’interno del paese, con forti pressioni dell’attuale Premier Benjamin Netanyahu per far saltare l’accordo di coalizione che porterebbe alla fine del suo mandato. Sul destino di Netanyahu si interroga oggi Aldo Cazzullo sul Corriere, mentre al Foglio Boaz Bismuth, direttore del quotidiano conservatore Israel Hayom, spiega: “Israele non può permettersi un governo incoerente, ma questo non autorizza chi non appoggia la scelta di Bennett a chiamarlo ‘traditore’. Non è un traditore. Nel governo non potrà fare ciò che ha promesso, può essere criticato, ma c’è un limite. Una democrazia deve rispettare le sue istituzioni. Quello che è difficile da accettare per gli israeliani è che in maggioranza hanno votato per un governo conservatore. I deputati conservatori della nuova Knesset sono circa 76 su 120 e avranno un governo che non agirà da conservatore”.

Neonazi arrestati in Italia. “Noi rigenereremo l’Italia fascista e antisemita”, “Siamo l’unica opposizione al sistema giudaico”, “Fuori i giudei dall’Italia”. Sono alcuni dei deliri antisemiti postati sui social da alcuni appartenenti a “Ordine ario romano”, un’organizzazione neonazista che, per gli investigatori, pianificava un’azione contro una struttura Nato (Repubblica). Sono 12 i soggetti, tra i quali Francesca Rizzi, alias “Miss Hitler”, indagati dai pm di Roma per associazione finalizzata a propaganda e istigazione di discriminazione etnica e religiosa, soprattutto tramite un social russo.

Al Meis, Mazal Tov! Fino al 5 settembre al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara si potrà visitare la mostra “Mazal Tov! Il matrimonio ebraico”. A presentare l’esposizione oggi, il Manifesto, che riporta le parole del presidente del Meis Dario Disegni: “il matrimonio è una pietra miliare per l’ebraismo, simboleggia la continuità dei riti e delle tradizioni ed è contrassegnato da una cerimonia vitale ricca di significati”. “Una mostra – aggiunge il direttore del Meis Amedeo Spagnoletto che è anche curatore dell’evento insieme a Sharon Reichel – che fa bene al cuore. Il matrimonio rappresenta uno dei più profondi atti di amore e di fiducia verso il futuro e porta con sé un messaggio di speranza universale, un balsamo per i tempi complessi che ci troviamo a vivere”. “Mazal tov! – prosegue – è un’esposizione che racchiude insieme il passato e il presente, riti millenari e pratiche moderne che pur nella sua specificità riuscirà a coinvolgere i visitatori”.

Israele e diritti. “Gli arabi per primi non credono all’apartheid in Israele”, titola il quotidiano La Ragione raccontando il percorso di integrazione della minoranza araba nella società israeliana. “Come si può dire che Samer Haj-Yehia (avvocato e chairman del board di Bank Leumi, ndr). vive in un regime di apartheid quando è a capo della più importante banca in Israele?”, l’interrogativo di un editoriale di Israel Hayom, ripreso da La Ragione. Nell’articolo si parla anche del messaggio contro Hamas dell’ambasciatore di Israele in Azerbaijan George Deek, araboisraeliano nato a Jaffa. E a proposito di Hamas e della Striscia di Gaza, in una lettera inviata al Foglio Emanuele Calò evidenzia come l’opinione pubblica dimentichi che a gestirne in modo stringente i confini non è solo Israele, ma anche l’Egitto.

La sinagoga di Anzio. Repubblica Roma segnala il recente furto del Sefer Torah dai locali della sinagoga di Anzio, che ha sede all’interno di una villetta messa a disposizione di un privato ed è al centro, da vari anni, di una controversia giudiziaria. Si legge al riguardo: “Il rabbino capo Di Segni non vuole commentare l’accaduto, ma sono tanti gli ebrei, romani e non solo, in vista delle vacanze ad Anzio, che temono di non poter entrare nella loro sinagoga nei prossimi mesi”.

Daniel Reichel