Oltremare – Le cose nuove

Da ieri, in Israele ci sono cose vecchie e cose nuove.
Le cose vecchie sono i governi Netanyahu, e la divisione che questi hanno creato negli ultimi anni nella società israeliana, divisione che ci metterà parecchio a diluirsi in un nuovo “normale”. Qui da noi il nuovo normale non è quello della vita post pandemia (il coronavirus è già largamente dimenticato, ne rimangono tracce qua e là in forma di luoghi nei quali si vedono ancora mascherine sulle facce di alcuni dei presenti), ma è quello che si sta cercando di costruire dopo la crisi profonda causata in ultimo dalle guerriglie urbane di maggio, ma che era latente da anni. Siamo ancora una società giovane, con componenti diversissime (ebrei, arabi, laici, religiosi, e altre innumerevoli varianti tutte dotate di cittadinanza e di diritto di voto), ancora in cerca di un equilibrio nella costante tensione fra il “noi” e il “loro. Dopo la crisi profonda del maggio 2021, lo capiscono tutti che è tempo di lavorare per raggiungere quell’equilibrio prima che un’altra crisi rimetta tutto di nuovo in discussione. La caduta di Netanyahu proprio a valle di tutto questo può esser vista come un’occasione per rivedere i termini del contratto sociale che abbiamo tutti firmato per il solo fatto di essere cittadini di questo paese.
Le cose nuove invece, sono due: un governo giovane e con un numero non infinitesimale di donne fra i ministri. Tutte e due gran belle novità. Dei 27 ministri (un numero enorme, causato dal grande numero di forze politiche alleate nella nuova coalizione), 14 hanno meno di 50 anni. E non è che esser giovani sia un valore in politica, forse è vero il contrario, quando chi fa politica ha raggiunto il monte ore di esperienza necessaria per essere esperto in qualcosa. Ma Israele è un paese giovane, nel quale si cresce presto, ci si sposa e si fanno figli spesso durante l’università e mentre si lavora. Siamo il paese del tutto e subito, o quasi subito almeno, e il fatto che questo si rifletta anche nella composizione di un governo è solo logico. Quanto alle donne, tema delicato se si chiede a me. Nove ministeri sui ventisette assegnati è ancora e sempre troppo poco. Ma si consideri che qui non esistono “quote rosa” e ogni donna che scala a mani nude le pareti lisce del potere e arriva in cima lo fa davvero con forze proprie. Quindi ben vengano le nove donne di Bennett, e che le si lasci lavorare per cortesia.

Daniela Fubini