La presentazione a Casale
In viaggio con nonna Giuditta
È un viaggio alla ricerca del cimitero perfetto quello in cui Nonna Giuditta, 90 anni, trascina il nipote Yoni, la sua fidanzata Noga e il loro coinquilino Ittai, un tour on the road in Israele che diventerà anche un viaggio nei misteri della sua famiglia, perché questo straordinario personaggio femminile, che unisce le caratteristiche dell’Yiddish mame all’apprensività della mamma italiana, ha un piano e non è solo trovare l’ultima dimora. Con questa sinossi sarebbe facile catalogare Resta ancora un po’, come un’opera al livello del miglior humor ebraico. Un grosso errore: in realtà il romanzo d’esordio di Ghila Piattelli offre al lettore molto altro.
Claudia De Benedetti, che ieri ha portato la scrittrice romana a presentarlo per la prima volta dal vivo alla Comunità ebraica di Casale, lo sa bene. Guidato dalle sue domande il pubblico nel cortile delle Api arriva a capire come Resta ancora un po’, pubblicato da Giuntina, sia anche un’utile guida per comprendere la società israeliana contemporanea e le sue radici.
Del resto nemmeno la vita di Ghila Piattelli è facilmente catalogabile: nata a Roma, laurea in Filosofia a Gerusalemme, poi ritorno in Italia, per collaborare con il Centro di Cultura Ebraica e infine di nuovo in Israele dal 2009 per lavorare come traduttrice e insegnante. In equilibrio tra due mondi proprio come la sua Nonna Giuditta che immagina essere nata a Firenze.
“Noi siamo una piccola comunità, ci piace che ogni tanto venga qualcuno a raccontarci cosa succede nel mondo” esordisce Elio Carmi, presidente della Comunità ebraica casalese, presentando l’ospite. E Piattelli ci porta realmente tra le strade di Tel Aviv, raccontandoci di come l’opera parli, ad esempio, di alcuni traumi della storia israeliana tramandati attraverso le generazioni, a cominciare da quello delle “vedove senza anello” di chi ha perso un amato nella guerra del Kippur (un dettaglio che riguarda la madre di Yoni fondamentale nella trama), ma anche di come sia stratificata la società del Paese dove ci sono donne come la stessa Giuditta che fatica ad accettare la fidanzata yemenita del nipote. Da qui a parlare della storia più attuale il passo è brevissimo.
“Gli 11 giorni dell’operazione Guardian of the Walls – racconta l’autrice – hanno reso ancora più significativa questa storia, perché hanno confermato Israele come un paese in grado di reagire alle difficoltà diventando più forte, anche se la speranza è quella di non mettere più sentinelle sulle mura. Tutti in Israele hanno parenti nell’esercito, i soldati sono visti un po’ come i figli di ciascuno di noi e anche per questo ci sentiamo emotivamente coinvolti dal loro impegno. I giovani che accompagnano la nonna sono lo specchio di questa società Israeliana contemporanea.
Tutto questo non toglie che il volume abbia parti straordinariamente divertenti che spesso sono proprio frutto dell’esperienza di Piattelli. Come l’episodio in cui viene annunciata la nascita di un bambino in un cimitero: “Che ho dovuto smussare un po’ perché altrimenti nessuno avrebbe creduto che è successo davvero”, confessa lei. “Ma esiste davvero il cimitero perfetto?”, chiede Carmi riportando l’attenzione sulla trama. “Non è il cimitero a essere perfetto – risponde l’autrice – a essere perfetto è il percorso che i protagonisti fanno insieme verso certe scelte”.
Alberto Angelino
(14 giugno 2021)