Controvento
Il sonno dei bambini
Ma è vero che i neonati devono imparare a dormire da soli fin di primissimi giorni di vita, e che è fondamentale educarli al sonno negli orari che stabiliamo noi, secondo i protocolli consigliati dai pediatri e dagli scienziati dell’infanzia?
“Coloro che hanno dettato le regole di una sana educazione neonatale sono una manciata di scienziati bianchi che probabilmente non hanno mai cambiato un pannolino nella loro vita” sostiene James McKenna, un antropologo e biologo che insegna alla Santa Clara University in California ed è considerato l’autorità in materia di co-sleeping, la teoria secondo cui sarebbe sano e ottimale per i bambini dormire insieme ai loro genitori, nello stesso letto o almeno nella stessa stanza.
McKenna ha sviluppato le sue convinzioni lavorando da antropologo con i primati e successivamente con le popolazioni primitive, dove i bebè, finché non imparano a camminare da soli, vivono in simbiosi con la madre, portati sulla schiena di giorno e condividendo il giaciglio di notte.
Secondo McKenna e i numerosi studiosi che condividono le sue idee anche in parecchi Paesi occidentali, le nostre regole dell’educazione dei figli sono state dettate in parte dal puritanesimo vittoriano anglosassone, in parte dalla convinzione che sia prioritario salvaguardare l’intimità della coppia. E certamente il femminismo e la necessità delle donne che lavorano di tornare in brevi tempi in ufficio contribuiscono ad affrettare i processi di indipendenza dei bebè. Anche quella notturna.
Secondo i fautori del co-sleeping, invece, la vicinanza fisica con la madre, anche durante il sonno, avrebbe effetti salutari sul bebè. Regolarizzandone il respiro, la temperatura corporea e il battito cardiaco, e consentendo alla madre un controllo continuo (ben più efficace che le telecamere e gli altoparlanti installati da parecchie famiglie intorno alle culle, soprattutto in America) e soprattutto impedendo che nel bambino si sviluppino sindromi di ansia e abbandono, così deleterie per la vita adulta. Alcune ricerche avrebbero inoltre evidenziato che durante la fase dell’allattamento, sarebbe più riposante per la madre dormire accanto al bambino, perché può nutrirlo in uno stato di dormiveglia, senza compromettere il proprio sonno.
Il co-sleeping sarebbe importante anche per i padri perché, secondo le attuali ricerche sull’amor paterno, in particolare quelle di Ruth Feldman, somma autorità in materia, che dirige all’IDC di Herzliya il Center for Developmental Social Neuroscience, il contatto fisico con i neonati sarebbe anche negli uomini la produzione di l’ossitocina, l’ormone dell’amore parentale, e abbasserebbe i livelli di testosterone, l’ormone dell’aggressività. Dormire insieme ai neonati, insomma, renderebbe gli uomini padri migliori e persone meno violente.
Ma fino a che età il co-sleeping è consigliabile? Qui le opinioni divergono. Un elementare buon senso consiglierebbe di separare i letti, e anche le camere, quando i bambini cominciano a gattonare o camminare, manifestano cioè la prima forma di indipendenza. Ma tra gli oltranzisti del co-sleeping questa idea non è bene accetta. Anzi c’è chi, come il prof. McKenna, arriva a sostenere che lo “Sleep training”, l’educazione al sonno, sarebbe una vera e propria tortura, una forma di child abuse, di abuso sui minori. Dettato dalle esigenze dei genitori di non essere disturbati dai propri figli. Questa teoria sta riscuotendo qualche successo mediatico, ed è stata ripresa su parecchi giornali, anche Haaretz in Israele.
Se si può condividere l’idea che per i bambini appena nati possa risultare positivo non essere separati dalla madre durante la notte, l’allenamento a un sonno lungo e regolare, almeno otto ore consecutive, ma anche dieci o undici per i più piccoli, viene considerato fondamentale per lo sviluppo di un cervello sano. Dormire male e troppo poco, se è controproducente anche nella vita adulta, è deleterio nella primissima infanzia e, secondo il prof. Luigi Gallimberti, presidente della Fondazione Novella Fronda e autore di parecchi libri in materia, starebbe alla base di molte malattie del cervello adulto, in particolare la dipendenza dalle droghe. “Non mi pronuncio sul co-sleeping, perché mancano evidenze scientifiche di questa teoria. Ma sulla importanza di mettere i bambini a letto presto, di dare loro una routine precisa e continuativa, di evitare di eccitarli prima del sonno attraverso l’utilizzo dei telefonini o delle piattaforme di giochi on line, su questo sono tassativo. Nel mio studio, dove curo le dipendenze, in particolare quelle da cocaina, attraverso la terapia magnetica transcranica, arrivano ragazzi sempre più giovani distrutti dalla droga. E il minimo comun denominatore è una cattiva educazione al sonno nell’infanzia. Nel sonno il cervello si rigenera, si ripulisce, si riequilibra. I bambini che dormono poco e male sono candidati a tutta una serie di disturbi del comportamento e della salute. E bisogna che questo sia detto a chiare lettere e insegnato ai genitori. I bambini hanno bisogno di una routine, di non vedere soddisfatti subito i loro desideri e i loro capricci, di coltivare il piacere dell’attesa, dell’ozio che accende la fantasia, dei momenti tranquilli alternati a quelli operosi. I bambini si sentono protetti dalla regolarità, dalle abitudini, dai ritmi regolari di vita. Se questo viene a mancare, diventano irritabili, violenti e, ahimè, candidati a sviluppare dipendenze”.
Viviana Kasam