Piemonte ebraico, ricordi di famiglia
Una storia che parte da lontano quella raccontata nella serata organizzata dall’associazione culturale Anavim di Torino, in occasione della presentazione del volume di Simona Weisz Levi de Veali. Ricordi ed eventi che ne fanno una storia, pubblicato per i tipi di Editris. A parlare dell’opera, Chiara Pilocane, Elena Ghiron e Sandra Reberschak.
Il libro della Weisz parte da lontano, perché, prima di entrare nella storia più recente incentrata sulle “signorine de Veali”, ossia le tre figlie dei Baroni Arnaldo e Marcella Levi Deveali, (Lydia Levi, Elena Mayer e Sandra Weisz, madre dell’autrice) si addentra nella storia, davvero singolare, degli antenati Rabbini.
Singolare perché – come emerge in un manoscritto di Carlo Marco Felice Arnaldo, “Notizie storiche e biografiche piemontesi che servono per il dizionario biografico subalpino”, conservato alla Biblioteca Reale di Torino, e poi ripreso in un articolo di Salvatore Foa pubblicato nel 1956 nella Rassegna Mensile di Israel (Le sei generazioni dei Rabbini Levi (Deveali) Foa e da Roberto Bonfil (12 Igrot me-et Rav Elijahu ben Rav Shlomo Rafael Halevi (De Veali), in Sinai, 1972 – nel XVIII secolo Elia di Salomone ha-Levi de Veali o Levi Deveali (1713–1792) fu il primo di una dinastia di rabbini che aggiunsero al cognome originario la metatesi del nome ebraico Eliyahu.
Il capostipite dei Rabbini Levi de Veali studiò a Ferrara e all’Accademia Ebraica di Modena. Giovanissimo, fu chiamato a coprire la carica di rabbino ad Alessandria e tra le sue composizioni poetiche non si può dimenticare il Shir Bet Adonai (Canto per la casa di Dio), in occasione della conclusione dei lavori per la ristrutturazione della sinagoga di Alessandria, nel 1764. Alla sua morte, gli succedette il figlio Moisè Zecut, che rimase in carica fino a quando non fu nominato, nel 1812, Gran Rabbino del Monferrato da Napoleone.
Scrive Salvatore Foa: “È certo un singolare fatto di storia rabbinica italiana che sei rabbini in successione di padre in figlio abbiano occupato per due secoli ininterrottamente una tal carica furono essi Eliaqim Levi, Raffael Salomone Levi, Elia Levi, coi figli Moise Zecut Levi e Amadio Levi, Matassina di Moise Zecut Levi e ultimo un secondo Elia Levi. I primi tre erano nativi di Finale (Modena)”. L’ultimo Rabbino Levi de Veali morì nel 1880.
A metà ‘800 ai de Veali fu conferito il titolo nobiliare e poi quello di Baroni.
Da queste vicende parte Simona Weisz per narrare una storia “da privilegiati a rifugiati”, come titolava un quotidiano recensendo il libro. Ed il perché i Levi de Veali da privilegiati diventino rifugiati lo si comprende scorrendo semplicemente i titoli dei paragrafi che compongono due dei capitoli centrali del libro, quello in cui “la scuola è in casa”, le tre “signorine de Veali” sono “bambine di buona famiglia”, con “passatempi semplici”, tra “vacanze e villeggiatura, viaggiare, scoprire”; poi, improvvisamente, la storia, come per tutte le famiglie ebree italiane, diventa dalla fine degli anni ’30 “il mondo che crolla”, con le note, terribili conseguenze del dover “partire, fuggire” e ancora “fuggire, nascondersi” e poi essere “refugiés” e infine “tornare” alla vita, alla normalità, al lavoro.
La Weisz scrive tutto questo perché il suo piccolo nipotino Leo, di quattro anni, non dimentichi nulla della storia dei suoi antenati, rabbini, possidenti, ebrei, nobili, piemontesi.
Chiara Pilocane, responsabile dell’Archivio ebraico torinese “Benvenuto e Alessandro Terracini”, ha tracciato con chiarezza e competenza un quadro sulla memorialista ebraica e sull’importanza dei racconti e delle memorie di famiglia, come quelle raccolte nel libro, anche delle microstorie che ognuno può raccogliere, conservare, tramandare; Elena Ghiron e Sandra Reberschak hanno dipinto con efficacia e con una punta di commozione un ritratto “da vicino” della Baronessa Levi de Veali e delle sue tre figlie, tra i protagonisti del libro.
A loro si sono aggiunti aneddoti e ricordi di amici e parenti di una grande famiglia, divisa oggi tra Torino, Milano e Israele.