Ticketless – Pantera nera

Il libro di Anna Foa e Lucetta Scaraffia, Anime nere. Due donne e due destini nella Roma nazista (Marsilio) mi ha tenuto compagnia questa settimana, ma anche le Scorciatoie di Umberto Saba, la n. 131 per la precisione. Nella serie di ottime presentazioni promosse dalla Biblioteca di storia contemporanea di Roma ho pure ascoltato un’interessante discussione del libro di Foa-Scaraffia, accessibile in rete. Vi hanno partecipato, oltre alle autrici, due competenti presentatori: Amedeo Osti Guerrazzi e Roberto Pertici. Le due donne sono Celeste Di Porto, una giovane ebrea amante di un fascista che aiuta a scovare nel ghetto i suoi stessi vicini di casa, che con disprezzo chiamano “Pantera nera”, e Elena Hoehn, accusata di spionaggio, colpevole di aver dato rifugio a un carabiniere ricercato per aver arrestato Mussolini dopo la sua destituzione. Nel dopoguerra le loro vite si incrociano.
Il problema dei chiaroscuri, lo sguardo sulle figure del Male hanno una lunga e tortuosa storia nell’Italia del dopoguerra, che mi ha sempre incuriosito. Solo da pochi anni è caduta la barriera ideologica che ha impedito di guardare senza paura le varie forme di collaborazionismo. Questo libro, non a caso scritto da due donne, squarcia il velo costringendoci a entrare dentro una tragedia umana senza precedenti.
Leggendo il libro, soprattutto la parte dedicata alla Celeste Di Porto, mi è tornata alla mente la Scorciatoia intitolata “Pantera nera”. Non temo di svelare un segreto se dirò qui oggi che le Scorciatoie di Saba, nella loro brevità, sono il modello (irraggiungibile) dei miei Ticketless. Mi perdoneranno dunque i lettori e lo stesso Saba se questa settimana ritrascrivo qui la Scorciatoia n. 131, che se fossi stato io l’autore avrei messo in epigrafe al libro. Se fossi stato io il presentatore avrei ricordato la precocità di Saba nell’infrangere le barriere, il suo coraggio di guardare dentro le anime nere. Saba temeva sopra ogni altra cosa quello che Roberto Pertici definisce “antifascismo ideologico”, pensava che in epoche turbate “odio, amore, sangue – nella vita e nella poesia – si mescolano più che non si creda”. La punta polemica di queste righe del poeta era il molto ideologico saggio Otto ebrei di Giacomo Debenedetti, che quei tre ingredienti non amava mescolare. Più in generale, la polemica era contro la politica culturale di Alicata e del PCI, partito nel quale per altro lo stesso Saba militava:

“Pantera nera. Mi perdonino gli ebrei romani se dico che alcuni dei loro (probabilmente molto giovani) stanno, in questi giorni, delirando d’odio e di amore per Celeste Di Porto detta, per la sua ferocia (ma già il soprannome è sospetto) Pantera nera. È colpa di un’immortale canzonetta (che i bambini cantano lungo le vecchie vie del più antico ghetto del mondo, e che tutte le riviste popolari riproducono) nella quale Celeste Di Porto è chiamata (con ritornello) Stella di (anzi- in certe versioni – del) Porto:

Stella del Porto, stella d’Oriente
Ne hai fatti piangere tanti

Così incomincia solo una poesia d’amore. È vero che poi la stessa (non per ragioni poetiche) immortale canzonetta, dice:

Voglio cantare qui una serenata
Fino che Stella del Porto viene ammazzata

Ma qui c’è la serenata. È colpa un ‘bellissimo’ opuscolo, intitolato ‘Pantera nera-eri la spia di-Piazza Giudia’ (sotto il titolo si vede la fotografia dell’infame), che la mia buona stella (non c’è nessun bisticcio di parole) mi ha fatto trovare da un giornalaio, una sera che ero così stanco che, senza quella lettura, che m’ha tenuto compagnia e per la quale ho dimenticata la stanchezza, non so come sarei tornato a casa.
‘Bellissimo’ ho detto; perché contiene la materia greggia per una o due terzine dell’Inferno di Dante. Del resto senza una goccia di superstite amore, non si fa nessuna poesia, nemmeno una canzonetta popolare di odio. E odio, amore, sangue – nella vita e nella poesia – si mescolano più che non si creda. Specialmente in epoche, come la nostra, turbate”.

Alberto Cavaglion