Arturo Schwarz (1924-2021)
Poeta, scrittore, storico dell’arte e collezionista, Arturo Schwarz ha contribuito a far conoscere in Italia grandi nomi come Marcel Duchamp o Man Ray e i più importanti esponenti delle avanguardie storiche. È scomparso all’età di 97 anni, dopo aver lasciato un segno indelebile nella cultura italiana.
Nato ad Alessandria d’Egitto in una famiglia ebraica, da padre tedesco e madre italiana, passerà i primi venticinque anni della sua vita al Cairo. “Avevo la doppia cittadinanza – racconterà – ma nel 1933, con l’ascesa di Hitler al potere, rinunciammo a quella tedesca e mio padre, separatosi da mia madre e trasferitosi al Cairo, mi vietò di rivolgermi a lui nella sua lingua madre”. È al Cairo che precocemente entra in contatto con la politica. A quattordici anni, nel 1938, è già pronto a definirsi trozkista. “Con un paio di amici copti e uno musulmano, fondai la sezione egiziana della Quarta internazionale, voluta da Lev Trotskij”, racconterà in un’intervista. Nel mentre scrive poesie e intrattiene una corrispondenza oltreoceano con André Breton, poeta e teorico del surrealismo. Nasce un’amicizia, come spiegherà Schwarz in un’ampia intervista a Pagine Ebraiche.
Finita la guerra, si dedica alla pubblicazione dei libri di Trotskij, un’attività che non è gradita alle autorità egiziane, guidate dal re Faruq. “Per le strade di Alessandria sfilavamo in corteo, al grido: ‘Viva l’unità degli operai e degli studenti’. Per le autorità ero diventato un soggetto pericolosissimo che andava fermato, zittito”. Così, una mattina del 1947, viene arrestato dalla polizia di stato, internato e torturato in una cella sotto terra per 18 mesi nella prigione di Hadra. E poi condannato a morte. “Mi trasferirono al campo di internamento di Abukir, dove venni a sapere della condanna a morte. Non la eseguirono subito perché servivo loro come ostaggio. Era scoppiata la guerra arabo-israeliana, e io ero ebreo. Dopo due anni di prigionia, l’impiccagione venne fissata per il 15 maggio, ma poche settimane prima Egitto e Israele firmarono l’armistizio. Negli accordi era prevista la liberazione dei prigionieri ebrei detenuti in Egitto. Una mattina mi rasarono, lasciandomi credere che di lì a poco sarei salito sul patibolo”. Non sarà così. Il venticinquenne Schwarz viene accompagnato al porto con un foglio di via, direzione Genova. Sul passaporto le autorità egiziane stampano la sentenza: “Pericoloso sovversivo – espulso dall’Egitto”. Da qui inizia la sua nuova vita in Italia, a Milano, raggiunta dopo l’arrivo in Liguria.
Dapprima impiegato in una ditta di import export, dopo qualche anno inaugura la sua prima libreria in via Sant’Andrea che in un secondo tempo si trasferisce in via Gesù. Dal 1961 in la trasforma anche in galleria, presentando gli esponenti più significativi delle avanguardie storiche (in particolare dadaisti e surrealisti) e del secondo dopoguerra. “Per sopravvivere, cominciai a organizzare mostre di incisioni, acqueforti e libri illustrati dagli artisti. Mi aiutarono molto Carlo Bo, Raffaele Carrieri, Elio Vittorini, Salvatore Quasimodo e molti altri amici. Non potendomi permettere l’arte contemporanea che andava per la maggiore (e nemmeno m’interessava), decisi di sfidare la legge capitalistica della domanda e dell’offerta. Recuperai il Dadaismo e il Surrealismo che nessuno voleva”.
Diventa un collezionista d’arte – termine che però non apprezza, spiegherà a Pagine Ebraiche – noto a livello internazionale. In particolare nella sua galleria ci sono numerose opere di Marcel Duchamp, André Breton, Man Ray, Jean Arp e di altri, soprattutto dadaisti e surrealisti. Sarà peraltro il primo, in un suo libro, a rivelare il vero nome di Man Ray. Grazie alla Galleria Schwarz vengono messe piedi personali dedicate a Magritte, il citato Man Ray, Sebastián Matta, Miró, Duchamp, Max Ernst, Francis Picabia, Piero Manzoni.
Nel 1997 ha donato parte della sua collezione di opere d’arte, soprattutto dadaiste e surrealiste, ai musei di Tel Aviv e di Gerusalemme e alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. “Per amore dell’arte, un giorno ho deciso che era giusto che tante delle mie opere tornassero indietro, a beneficio della conoscenza e dell’occhio del popolo”.
Nel 1998 il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro gli ha conferito il Diploma di prima classe con medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte. Fra i suoi libri Sono ebreo, anche – Riflessioni di un ateo anarchico; Cabbalà e alchimia – Saggio sugli archetipi comuni; L’avventura surrealista – Amore e rivoluzione; La sposa messa a nudo; Arte e alchimia; La donne e l’amore al tempo dei miti. È inoltre stato autore di saggi dedicati a Man Ray e a Breton e di raccolte di poesia fra cui Potente come l’acqua è il mio amore. Tra coloro che lo hanno ricordato in queste ore, Elio Carmi, presidente della Comunità ebraica di Casale Monferrato. “Arturo è stato un grande amico della Comunità – ha affermato – riusciva ad unire il pensiero ebraico con l’anarchia e il surrealismo, arrivato in Italia proprio grazie a lui. Una mente poliedrica, provocatoria a volte, che ci ha regalato intuizioni di straordinaria saggezza”.