Il convegno organizzato a Firenze
Dante e Recanati, una comune eredità
La penisola italiana è stata una delle principali aree di creazione e diffusione di tradizioni mistico-esoteriche ebraiche. Insigni maestri, attivi in Italia dalla fine del XIII secolo all’inizio del XVI secolo, furono Abraham Abulafia, Menachem Recanati e Yochanan Alemanno, ai quali sono ricondotte le tendenze fondamentali della Cabbalà ebraica in Italia. Questi tre autori furono esponenti di spicco delle correnti profetico-estatica, teosofico-teurgica e magico-astrale. Firenze, durante l’Umanesimo e il Rinascimento, si segnalò in modo precipuo per questi studi ebraici sia alla corte medicea sia nel Cenacolo di San Marco. A Pico della Mirandola si deve la creazione a Firenze di una corrente di Cabbalà cristiana.
La stessa Università di Firenze vanta una tradizione molto importante di studi ebraici. La prima cattedra di ebraico dell’ateneo fiorentino risale al 1692 e fu istituita da Cosimo III, Granduca di Toscana. Nel corso dei secoli molti studiosi illustri si sono avvicendati e hanno trattato anche temi collegati con la mistica. Uno degli ebraisti fiorentini più famosi è stato Umberto Moshe David Cassuto, che il 23 dicembre 1904 ottenne la licenza del corso di perfezionamento presso il nostro Ateneo con una tesi su Immanuele Romano e le sue Mechabberoth, in cui sono anche illustrati i rapporti con Dante. Seguirono altri lavori su Immanuele Romano e la presenza nella sua opera di elementi relativi a Dante e alla cultura italiana. Nel 1921 Cassuto, divenuto un eminente studioso e docente, pubblicò l’importante saggio Dante e Manoello (Firenze, Casa editrice Israel).
Il rapporto tra la produzione letteraria di Dante e la tradizione ebraica costituisce un interessante campo d’indagine non sufficientemente frequentato. Nell’alveo degli studi di ermeneutica dantesca tesi a sottolineare la relazione con altre tradizioni simboliche, questo seminario rilegge l’opera del grande poeta alla luce del suo iter mistico: la Vita Nuova, il Convivio, la Commedia rappresentano altrettanti gradini dell’ascesa verso Dio. Le teorie dei cabbalisti ebrei medievali, e in particolare il confronto con Menachem Recanati, gettano nuova luce sulla figura di Beatrice come Intelletto agente e sui temi del libero arbitrio e della divina sapienza, schiudendo così il livello anagogico dell’opera dantesca.
La produzione letteraria di Dante è percepita in questo seminario come un’illustrazione dei diversi stadi ottenuti dal mistico nella ricerca dell’estasi. È una ricerca che individua in Beatrice la rappresentazione allegorica della Divina Sapienza. Il poeta percepisce lo sforzo mistico non come un mezzo per allontanarsi dalle cose del mondo, ma come volto a creare una società migliore, in cui sia l’individuo sia lo stato sono caratterizzati da una forte spinta spirituale e morale.
Un misticismo di questo tipo caratterizza anche le opere del cabbalista romano Menachem Recanati, contemporaneo di Dante.
L’obiettivo non è quello di dimostrare l’esistenza di un’amichevole cooperazione tra i due autori, ma piuttosto quello di evidenziare la comune eredità neoplatonica, su cui si fonda sia il pensiero di Dante sia quello di Recanati ed è proprio ciò che permette di usare la mistica ebraica come chiave per una nuova lettura e una migliore comprensione dello sforzo mistico dantesco, volto alla creazione di una società migliore e di un rinnovamento globale. È un rinnovamento che si fonda su direttive escatologiche e filosofiche e che è posto in atto attraverso l’impegno dell’Intelletto Attivo e delle libere scelte dell’individuo.
Ida Zatelli
(Il tema sarà approfondito nell’ambito del seminario “Il Libero Arbitrio e la Divina Sapienza in Dante Alighieri e Menachem Recanati”, in programma lunedì 28 giugno alle 16 su impulso dell’Università degli Studi di Firenze con il contributo della Comunità ebraica locale. Tra i relatori, oltre alla professoressa Zatelli, Sandra Debenedetti Stow, Fabrizio Lelli e Alberto Cavaglion)
(24 giugno 2021)