L’ebraismo per Schwarz

“Essere ebreo rappresenta un’eredità molto pesante. L’eredità di un popolo che per duemila anni è stato perseguitato, ha sofferto massacri, espulsioni, esclusioni e che, nonostante tutto, è sopravvissuto, tanto da essere l’unico testimone dei popoli dell’antichità classica. Essere ebreo significa per me anche essere l’erede dei Profeti d’Israele, dei Saggi della Cabbalà e del Talmud, di un Baruch Spinoza, di un Karl Marx, di un Albert Einstein, di un Sigmund Freud, di un Lev Trockij. Per me, essere ebreo significa tentare di essere degno di una tale eredità culturale e riconoscersi negli ideali dell’ebraismo, e quindi del sionismo e dell’anarchia. Tutti questi ideali sono contenuti in una sola parola: Rispetto. Rispetto per l’individuo che deve essere affrancato dalla sudditanza a un’autorità irrazionale; rispetto della verità che sfocia nella brama di conoscenza; rispetto del diverso e delle sue convinzioni; rispetto della giustizia che abborrisce i soprusi; rispetto della natura; rispetto ed esaltazione della vita e quindi della felicità; rispetto e venerazione della donna. Possano queste esigenze di rispetto a trecentosessanta gradi diventare un’urgenza universale così da permettere a un’umanità redenta da dogmi e pregiudizi di vivere l’armonia che regola l’Universo.”
Con queste parole tratte dalle ultime pagine del suo libro Sono ebreo, anche. Riflessioni di un ateo anarchico (Garzanti 2007) ricordo Arturo Schwarz. Nato ad Alessandria d’Egitto nel 1924 e scomparso ieri all’età di 97 anni, il suo pensiero resterà senza dubbio indelebile.

Francesco Moises Bassano

(25 giugno 2021)