Controvento
Animali e sindemia

Mi sono spesso chiesta – in realtà quasi tutti i giorni- come sarei riuscita a superare un anno e mezzo di sindemia (uso il termine sindemia, come suggeriscono oggi gli esperti, perché la malattia riguarda l’equilibrio sanitario globale degli individui e della popolazione non solo negli aspetti medici ma anche economici, sociali, psicologici) se poco prima della prima esplosione del Covid non fossi stata adottata da Cicèk, randagia ma aristocratica gattina color sabbia, e, quando si preannunciava la seconda ondata, non fosse entrato a far parte della famiglia Argo, un vivacissimo e giocoso maltipoo (detto il maltìpo per la sua birbanteria). Come ben sanno i cultori degli animali domestici (pets o puppies, come dicono sbrigativamente gli anglosassoni) i cani li scegliamo noi, mentre i gatti ci scelgono, se siamo fortunati. Una parentesi etimologica. Sono andata a cercare da dove deriva il termine puppy e pare sia una storpiatura degli aristocratici inglesi del XVII secolo della parola poupée, a sua volta derivata dal latino pupa, bambola. Perché i puppies sono destinati a stare in grembo e a farci giocare, come le bambole. Pet invece, che deriva dal verbo accarezzare, sarebbe stato coniato cinque secoli fa per i morbidi e setosi agnellini cresciuti in casa – non è chiaro con quale destino.
Con la mia famiglia umana in America, e quindi impossibile da raggiungere se non virtualmente, le bambole viventi hanno salvaguardato il mio equilibrio mentale.
Non sono l’unica.
Secondo alcuni studi americani, la popolazione mondiale di conviventi a quattro zampe sarebbe quasi raddoppiata durante la sindemia.
Per i bambini chiusi in casa, per gli anziani isolati, per gli adolescenti senza primo amore, cani e gatti hanno rappresentato l’àncora emotiva, persino in Paesi, come la Cina, dove li si predilige sul tavolo da pranzo – avrebbero, come i pangolini, effetti afrodisiaci – piuttosto che sul divano. In Cina è anche esplosa la moda delle blind box, scatole a sorpresa contenenti cagnolini, gattini, criceti e persino pappagalli, spediti come regalo a nonni, innamorati, amici. Purtroppo, gli animali arrivano traumatizzati, se non morti. Ma i cinesi, è noto hanno ben poca empatia per gli animali -e spesso anche per gli umani.
Il mercato di tutti i generi dedicati ai pets, dagli allevatori ai veterinari, dagli psicologi agli addestratori ai produttori di crocchette e scatolette, cucce e cappottini, guinzagli giochi e farmaci – il CBD per chi soffre la macchina, le benzodiazepine per quelli stressati, gli integratori alimentari e i calmanti- è stato uno dei più fiorenti, insieme a Netflix e Amazon. E sui social messaggi, hashtag, foto e video che hanno i pets come protagonisti hanno spopolato per la gioia degli influencer -Bunny, una barboncina bianca e nera “parlante” ha 6.7 milioni di followers su Tik Tok – scagli la prima pietra chi non ha mandato o ricevuto durante la sindemia qualche foto o video di baldanzosi o teneri animali variamente agghindati. Purtroppo, pare sia esplosa anche la criminalità. Rapimenti per riscatto (Lady Gaga ha offerto mezzo milione di dollari per riavere i suoi due French bulldog), malviventi che vendono via internet Dachshund e Teacup Chihuahua che non arriveranno mai, persino un fiorente contrabbando tra Cina e America – raro esempio di collaborazione felice tra i due Paesi.
Il problema è che cosa ne sarà di questi “figli” adottivi quando non serviranno più, e già ora, alla soglia delle vacanze estive, si cominciano a manifestare le prime avvisaglie di abbandoni in massa. In mancanza di reti organizzate di colonie estive, o almeno di orfanotrofi per i pets meno abbienti, il timore è che saremo invasi da orde di cani e gatti randagi come avveniva negli anni ’70 prima che nascesse il movimento NDLB (acronimo per No Dogs Left Behind, nessun cane abbandonato). Per chi, come la sottoscritta, cane e gatto sono come figli e come tali vanno trattati, sembra impossibile che qualcuno possa tenerli in casa per qualche mese, o anche un paio d’anni, e poi buttarli via quando non servono. Ma l’allarme è stato lanciato non solo da noi animalisti, ma anche da testate come il New Yorker, che ha dedicato un lunghissimo e allarmante articolo al tema “Che cosa succederà agli animali domestici dopo la pandemia?” (ringrazio l’autore Nick Paumgarten che le preziose informazioni che ne ho tratto).
Risposte ovviamente non ce ne sono, ma credo sia importante parlarne per sensibilizzare l’opinione pubblica e facilitare la vita a chi volesse portarsi cani e gatti in vacanza. Come ben sanno i proprietari di animali domestici, la maggior parte delle spiagge non sono aperte ai cani, salvo alcune spiagge dog frendly, che in Italia per fortuna si stanno moltiplicando, ma non così in altri Paesi. Parecchi alberghi, soprattutto all’estero, non li accettano. I biglietti aerei per i pets in cabina sono spesso più costosi di quelli di un volo low cost per umani, eppure non occupano spazio e non comportano nessun lavoro in più per l’equipaggio. Per fortuna sui treni i cani di piccola taglia ancora viaggiano gratis, almeno fino a quando gli amministratori delegati delle Ferrovie non realizzeranno che sono una facile fonte di reddito. Quelli di tagli media e grande pagano già il 50% del biglietto (o 50 Euro su Italo). Se è sacrosanto condannare chi abbandona questi meravigliosi compagni, bisognerebbe però aiutare i proprietari a portarsi in vacanza Fido e Mirtilla. Non ho idee da suggerire. Ma sono sicura che giovani intraprendenti e amanti degli animali, in cerca di attività remunerative, potrebbero inventarsi qualche start up per risolvere il problema. Magari una app tipo DogB&B. O un listing internazionale degli alberghi e campeggi che accettano animali domestici. O una rete camping diurni o residenziali per i proprietari di cani che non li possono portare in vacanza. In America e anche in Giamaica ci sono organizzazioni che ricoverano in shelters confortevoli gli animali abbandonati, li curano, li vaccinano e li esportano con voli speciali all’estero, dove si trovano persone disposte ad adottarli.
Una cosa la sindemia ci ha insegnato: che gli amici a quattro zampe sono preziosi per il nostro benessere. Dobbiamo cercare di non dimenticarlo, come la limpidezza del mare senza barche, l’azzurro dei cieli senza aerei, i delfini e le balene vicino a riva, i tappeti di stelle anche in città. Ricompense piccole, è vero, per ciò che abbiamo sofferto, e forse per questo troppo facilmente destinate all’oblio.

Viviana Kasam