Miami e la mobilitazione ebraica
“Solidarietà davanti alla tragedia”

Proseguono senza sosta le attività di soccorso e sgombero delle macerie del palazzo di dodici piani crollato parzialmente giovedì scorso a Surfside, vicino a Miami Beach, negli Stati Uniti. Tra le squadre al lavoro, anche un team di soccorso inviato da Israele. I dispersi sono ancora moltissimi, 156. I morti accertati sono invece saliti a nove. Ma si teme che di ora in ora il bilancio peggiori. Il palazzo fa parte di un complesso residenziale che si chiama Champlain Towers ed è raccontato dai media americani come una realtà simbolo della multiculturalità della città. “Lo spagnolo e l’inglese – con accenti identificabili dall’Argentina all’Australia – erano le lingue franche degli ascensori. Ma si sentiva l’ebraico e il russo e altre lingue in quella torre di Babele che erano le Champlain Towers”, racconta ad esempio il Washington Post. Molte delle persone disperse, riportano i quotidiani, appartenevano alla realtà ebraica di Miami. Una realtà, scrive il sito di informazione ebraica Forward, che ha risposto alla tragedia costruendo una grande rete di sostegno: “donazioni di denaro e di cibo casher e di così tanti vestiti, biancheria da letto e altre provviste che hanno sopraffatto le sinagoghe che le accettavano. Ci sono consulenti volontari per la salute mentale, rabbini, una squadra di soccorso ebraica per i disastri”. Una grande mobilitazione per non lasciare sole le tante famiglie colpite dal disastro, le cui cause non sono ancora chiare. Alcuni ingegneri ed esperti hanno fatto qualche ipotesi legata soprattutto al  livello di corrosione e deterioramento dell’edificio a causa del sale dell’oceano, che può penetrare nelle strutture e iniziare ad arrugginire i componenti in acciaio. Ma serviranno ulteriori approfondimenti. Intanto l’attenzione è sul ritrovare i dispersi. Raggiunto dal Forward, Jacob Solomon, presidente della Greater Miami Jewish Federation, ha raccontato cosa significa stare nel centro dove le persone aspettano di sapere il destino dei propri cari. “È stato tremendamente doloroso. Ma in un certo senso è stato anche d’ispirazione. C’erano persone che venivano da ovunque e che si offrivano di aiutare. C’era un membro in pensione del dipartimento di polizia di Yonkers (vicino New York). Ora vive qui e ha detto che aveva lavorato all’11 settembre e voleva solo aiutare. Poi c’era un giovane che indossava una kippah che portava scatole di pizza casher e offriva a tutti una fetta. – il racconto di Solomon – Ho visto molte kippot ma anche tante persone che non erano identificabili come ebrei. È stato incredibile vedere questo crogiolo di comunità che lavora insieme”.
Tanti i messaggi di cordoglio e vicinanza inviati in queste ore a Miami. Tra cui quelli del Presidente d’Israele Reuven Rivlin, in queste ore negli Stati Uniti per incontrare il Presidente Joe Biden alla Casa Bianca. “Le nostre preghiere sono con le famiglie che aspettano con ansia notizie dei loro cari a Miami. – le sue parole – Speriamo nella guarigione dei sopravvissuti e inviamo sentite condoglianze a coloro che hanno perso membri della famiglia”.