Storie di Libia – Miriam Haiun

Miriam Haiun, nata a Tripoli, ebrea di Libia. Il padre aveva un grande magazzino dove era possibile trovare di tutto: dal cibo di importazione all’abbigliamento. Tornarono in Italia, a Milano, nel 1962, dove risiedevano alcune famiglie di amici, quando lei aveva solo sette anni, quindi alcuni anni prima dei pogrom. I ricordi di Miriam sono legati ai racconti delle sorelle e di alcuni zii scappati da Tripoli nel 1967. Le sue sorelle erano molto più grandi di lei e ricordavano solo cose piacevoli della vita in Libia, legata alla frequentazione di ambienti esclusivamente ebraici. In Israele, dove ha frequentato l’università, si è resa conto che gli ebrei sefarditi erano visti con superiorità.
Probabilmente ciò era dovuto al fatto che gli ebrei tripolini non avevano goduto di privilegi come il diritto di voto, la possibilità di entrare nell’esercito, di frequentare l’università. Tra le imposizioni cui dovettero sottostare anche quella di lasciare il passo agli arabi, scendendo dal marciapiede. Qualsiasi attività lavorativa poteva essere aperta solo se in società con un arabo. Cittadini “di serie b” o “dhimmi”, il termine con cui gli ebrei erano tristemente qualificati in Libia.
La famiglia di Miriam osserva ancora le usanze tripoline, soprattutto legate alla tradizione culinaria. La cucina kasher annovera tantissimi piatti che ancora oggi vengono preparati, specialmente in occasione delle festività, da lei e dalla sua famiglia. Così come vengono preparati piatti legati alla cultura tipicamente italiana, cara a suo marito. Miriam racconta la diversa musicalità legata al modo di pregare di suo padre, tipica degli ebrei di Libia. Ancora oggi Miriam e i suoi familiari usano alcune espressioni tipicamente arabe per definire alcune situazioni. Miriam si sente veramente a casa a Roma e ritiene che, pur essendo un’ingiustizia la confisca dei beni e degli immobili, sia una causa persa cercare di recuperarli perché non c’è, al momento, nessuno con cui interloquire.
Ci dice: “Non esistono i presupposti: sarebbe necessario un percorso di pace tra Libia ed Israele perché si possa instaurare un dialogo e purtroppo al momento questa possibilità è ben lontana. Sarebbe bello preservare luoghi sacri in Libia ma chi potrebbe poi garantirne il mantenimento? A nessun ebreo è concesso risiedervi. Chi potrebbe tutelare la eventuale costruzione di un monumento per le vittime della Shoah e chi garantirebbe il rispetto nel tempo di un tale bene. Sarebbe importante, soprattutto per la Libia, preservare la traccia della nostra storia per le generazioni successive.”
Miriam è la direttrice del Centro di Cultura Ebraica di Roma e ha effettuato molte interviste per preservare il ricordo della Shoah, che sono pubblicate su un sito di storia orale. In molte interviste ci racconta che molte persone dichiaravano quanto fossero felici di aver lasciato Tripoli per poter godere della libertà che in quel paese a loro non era concessa, consapevoli di provenire da una minoranza invisibile e muta.

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(Per contattare l’autore, anche per eventuali testimonianze sulle storie e le memorie degli ebrei di Libia, è possibile scrivere a: davidgerbi26@gmail.com)

David Gerbi, psicoanalista junghiano

(28 giugno 2021)