Blinken a Roma

Gli incontri che il Segretario di Stato americano Antony Bliken ha avuto a Roma nei giorni scorsi con vari esponenti politici hanno avuto una notevole importanza perché, tra l’altro, hanno chiarito quale sarà la politica USA verso il Medio Oriente nel prossimo futuro. In questo quadro particolare rilievo ha avuto l’incontro con il neo-ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid perché non solo è stata riaffermata la tradizionale garanzia americana verso la sicurezza di Israele, ma sono anche state pronunciate da parte israeliana parole non consuete in questo tipo di incontri. Lapid ha infatti detto, tra l’altro, che “negli ultimi anni sono stati commessi errori. La posizione bipartisan di Israele è stata colpita. Ripareremo insieme questi errori”. Sono parole pesanti, che costituiscono una inusuale critica alla linea di politica estera seguita da Netanyahu e in particolare al rapporto privilegiato, o addirittura unilaterale, che egli aveva stabilito con Trump, seguendolo fino alla fine, anche durante la fase più discutibile del suo quadriennio.
In effetti ha costituito una novità nei rapporti del governo israeliano con gli Stati Uniti l’appoggio incondizionato offerto a Trump anche nei momenti più discutibili della sua presidenza. Certamente Trump ha acquisito notevoli meriti nei confronti di Israele, quando ha spostato l’ambasciata americana a Gerusalemme riconoscendone esplicitamente il ruolo di capitale dello Stato ebraico, quando ha facilitato l’Accordo di Abramo e le altre intese con altri Paesi arabi e anche quando si è opposto con decisione ad ogni accordo con l’Iran che potesse aprire la strada alla costruzione della bomba atomica da parte di Teheran.
Ma, nonostante questi meriti, la posizione di Netanyahu è apparsa troppo sovrapposta a quella di Trump, quando per lunga tradizione Israele ha sempre cercato di mantenere rapporti con entrambi i due grandi partiti americani, anche quando, per esempio durante la presidenza Obama, chiaramente esisteva un disaccordo sulla politica d tenere nei confronti dell’Iran. Le parole di Lapid dimostrano che, anche per quanto riguarda la politica estera, il nuovo governo israeliano intende distaccarsi dall’unilateralismo di Netanyahu senza che questo significhi un venir meno ai tradizionali capisaldi della politica israeliana, sia per quanto riguarda Gerusalemme che per il rifiuto di ogni accordo con Teheran che comporti il rischio del possesso dell’arma atomica da parte degli ayatollah.
Questa presa di posizione israeliana dovrebbe far riflettere anche molti sostenitori italiani di Israele che troppo a lungo hanno identificato la difesa dello Stato di Israele con quella di Netanyahu. Dovrebbe essere buona regola per i sostenitori di Israele non identificarsi con alcuno dei partiti israeliani ma sostenere Israele come Stato, indipendentemente dal governo che è in carica in un determinato momento, soprattutto quando si tratta di un leader discusso come è stato, a partire da una certa fase, Netanyahu.
Blinken ha ribadito la posizione americana sul nucleare iraniano nell’intervista concessa a Maurizio Molinari e pubblicata da “la Repubblica” martedì 29 giugno. In questa intervista Blinken ha anche confermato il sostegno all’Accordo di Abramo e ha fatto capire che sono in corso trattative per estenderlo ad altri Paesi arabi, pur non rivelando il nome di questi ultimi. Anche sotto questo aspetto il nuovo governo israeliano mostra di muoversi con accortezza, correggendo gli unilateralismi dell’era Netanyahu ma raccogliendo l’eredità delle sue scelte migliori.

Valentino Baldacci