Spuntino – Non procrastinare

Perché in fatto di voti e giuramenti la Torà (nella parashà di Matot che questo sabato si legge insieme a Mas’ei, concludendo il quarto libro del pentateuco) si rivolge ai capi tribù e non direttamente a tutto il popolo? Forse per sottolineare l’importanza di dare il buon esempio agli altri, che vale soprattutto quando si detiene una carica. Se si prende un impegno bisogna mantenerlo. Per questo motivo è buona norma aggiungere l’espressione “blì neder” ( = senza impegno) ad ogni promessa, anche se implicita in una mera dichiarazione d’intento, come in “ora non posso, lo farò domani.” A riguardo qualcuno ha commentato un po’ ironicamente che chi leggesse lo Scemà’ (che letteralmente significa “ascolta!”) senza prestare orecchio alle parole pronunciate sarebbe come se non lo recitasse! Com’è possibile non ascoltare la propria voce? Lo Scemà’ è coniugato in seconda persona (singolare e plurale) per cui in pratica chi si autoesclude, come se il testo riguardasse solo gli altri, non porta veramente a termine il precetto della sua lettura. La Ghemarà (TB Nedarim 66) riporta alcuni esempi delle conseguenze disastrose a cui può portare un voto rimasto incompiuto. Fortunatamente esiste il precetto della “hafarat nedarim” ( = annullamento dei voti) di cui sarebbe bene approfittare più spesso, anche settimanalmente. Infatti questa è una delle tre mitzvot che bisogna essere sempre pronti ad osservare con solerzia (Bereshit Rabbà, 93:1) insieme alla “chalitzà” (svincolo di una cognata rimasta vedova) e alla “havaat shalom” (mettere pace tra due parti contendenti).

P.S. Con questo pezzo della rubrica “Spuntino” sulla parashà si conclude un ciclo annuale completo di articoli, basati prevalentemente sulle lezioni di Rav Bentzion Mutzafi, tutte accessibili in ebraico su YouTube. Grazie ai lettori di avermi seguito e alla redazione di Pagine Ebraiche di avermi ospitato.

Raphael Barki

(8 luglio 2021)