Il secolo di Iris Apfel

Farà cent’anni a fine agosto, ma ha già iniziato a festeggiare. A modo suo, come ha sempre fatto. Iris Apfel, la fashion icon più longeva del pianeta, ha appena lanciato una nuova linea di occhiali per Zenni, gigante statunitense dell’ottica online. Cento montature, una per ogni anno di vita, grandi, colorate e spiritose come quelle che hanno fatto di lei uno dei volti più riconoscibili d’America.
Qualche mese prima aveva fatto il suo ingresso trionfale da Lowe’s, il colosso americano del fai da te. Il suo viso, incorniciato da una matassa di collane e dagli immancabili immensi occhiali, ammicca gigantesco a ogni corsia in duemila negozi annunciando la sua nuova collezione di articoli per la casa. Poltrone, vasi, cuscini e tavolini che tentano l’impresa impossibile di replicare il suo stile estroso – l’eccentricità, il gusto del variopinto e dell’eccesso. Estrosa è la stessa incursione di Apfel nel gran mare del gusto popolare, dopo una vita trascorsa nelle più rarefatte sfere della moda e del design. La Casa Bianca, per dirne una, dove ha curato gli interni per nove presidenti (solo Jacqueline Kennedy l’ha snobbata, preferendo uno stilista francese) o il Metropolitan Museum che nel 2005 al suo guardaroba personale ha dedicato una mostra dal trionfante titolo Rara Avis.
I segnali della svolta pop erano però nell’aria. Scavallati i novanta, con sovrana eleganza Iris si è accomodata nell’immaginario collettivo nel ruolo inedito di “divetta geriatrica” – la definizione è sua. Prima il delizioso documentario dedicatole dal quasi coetaneo Albert Maysles (2014, Netflix), poi la Barbie dedicatale da Mattel che ne ha fatto, a 96 anni, la signora più anziana a cui il tributo è
stato riservato. Un anno dopo, la firma con Img, l’agenzia che rappresenta supermodelle come Gigi Hadid e Gisele Bundchen. Adesso, gli occhiali e del mobilio. A breve, la sua biografia a misura di bambini nella celebre collana Little people big dreams e chissà che cosa porterà il futuro. In altre parole, un trionfo che sbugiarda ogni pregiudizio sull’età e soprattutto sull’età delle donne. Non che il mondo si sia rovesciato, non ancora. È che Iris gioca secondo le sue regole.
“È importante essere quello che sei e non cercare di sembrare come gli altri”, dice Apfel. E non è solo questione di rosso sulle labbra, gioiellerie o estrose giacchette. I suoi outfit stravaganti raccontano una capacità di rilanciare e gustarsi la vita che è quella di una ragazzina, anzi “la teenager più vecchia che esista” come dice di sé.
Una teenager che di onori ne ha guadagnati parecchi – la Presidential Medal of Freedom, per dirne una – ma non ha intenzione di farsi da parte e con il sorriso di chi ha imparato a non prendersi troppo sul serio continua a fare ciò che ama. Il suo lavoro. Ed è forse questo il segreto del suo
successo popolare. Iris regala speranza perché chi non vorrebbe invecchiare se non quanto, come lei?
Nel suo vulcanico attivismo, le ragioni economiche c’entrano poco, visto che la signora vanta un patrimonio di 25 milioni di dollari. Il lavoro è però il suo modo di essere nel mondo. “Essere creativi è molto importante – dice – è stata una delle cose più importanti della mia vita e finché potrò continuare a fare questo genere di cose sarà magnifico. Spero di non dover mai andare in pensione, credo sia un destino peggiore della morte”.
Basta guardare dietro la sua facciata di fashion icon per rendersi conto che di fatto non è mai rimasta con le mani in mano – dai primi passi come stilista di interni e disegnatrice di gioielli fino all’apertura nel 1950, insieme all’amato marito Carl, dell’azienda di tessuti Old World Weavers. Per quarant’anni la coppia ha girato insieme il mondo alla ricerca di stoffe pregiate e accessori di cui lei fin da ragazzina è una collezionista appassionata. Proprio la spinta creativa, sostiene, è il segreto della sua longevità. “Non penso mai alla mia età”, scrive nel suo libro Accidental Icon. “È un numero. Alcuni mangiano molto yoghurt e vivono fino a 127 anni. Alcuni fumano dodici sigari e bevono una bottiglia di alcol al giorno e sono ancora lì a fare quello fanno. Ognuno ha la sua storia”. E ancora, “Ho scoperto che il lavoro mi fa molto bene. Amo quello che faccio e ci metto il cuore e l’anima. Da quando mio marito è morto lavoro ancora di più per non pensare alla sua mancanza, il che va bene da una parte, ma non dall’altra quando mi spingo troppo”.
La conclusione è semplice nella sua brutalità. Diventare vecchi non è facile per nessuno. “Inizi a cadere a pezzi, ma devi farti forza e rimetterti insieme. Può non piacerti, ma qual è l’alternativa? Sei qui, goditelo”. Quanto a lei, si diverte da cent’anni.
Daniela Gross