Logica balorda
Jadon Sancho, Marcus Rashford, Bukayo Saka: tre giocatori della nazionale inglese, tutti e tre nati nel Regno Unito da genitori provenienti da ex colonie britanniche. Probabilmente se fosse stata l’Inghilterra a vincere gli Europei di calcio non se ne sentirebbe parlare. Certo non di loro nello specifico, sarebbero anzi a tutti gli effetti tra quei giocatori che gloriosamente avrebbero contribuito alla vittoria della propria nazionale di calcio. Elogiati sia a destra che a sinistra, portati su un carro come ad una festa patronale per lo Strand di Londra (o forse questo accade solo in Italia). Invece al contrario sono diventati tristemente noti per aver sbagliato dei calci di rigore e quindi vittime di insulti razzisti.
Chi ha seguito più o meno gli Europei di quest’anno avrà notato che forse in misura maggiore rispetto alle precedenti competizioni calcistiche gran parte dei giocatori delle squadre nazionali gareggianti aveva un numero non indifferente di giocatori con cognomi non propriamente “autoctoni”. La nazionale italiana aveva per esempio tre giocatori nati in Brasile di cui due con cognome portoghese – ma sui cognomi “autoctoni” o meno dovremmo aprire comunque altre mille parentesi, un Chiellini forse potrebbe suonare per uno straniero più italiano di un Sirigu o di un Donnarumma -. La nazionale svizzera, per la prima volta giunta ai quarti di finale nel campionato europeo, aveva in campo una maggioranza di giocatori con cognomi non proprio dal suono alemanno, se è giunta così in alto lo deve anche a loro. Stesso discorso per le altre squadre, Belgio e Francia in particolare, quest’ultima da sempre una squadra “multietnica” per eccellenza e per questo spesso contestata dai soliti sovranisti. Tra i migliori marcatori di questo campionato compaiono il belga Lukaku, il francese Benzema, l’inglese Sterling, il nederlandese Wijnaldum, gli svizzeri Seferovic e Shaqiri, tutti nomi che facilmente avrebbero potuto sostituire quei tre inglesi citati all’inizio. Così come non sarebbero stati risparmiati dagli insulti razzisti i tre calciatori italiani nati in Brasile nel caso di errori ai calci di rigore, qualcuno avrebbe affermato che non giocavano con lo stesso spirito patriottico e fedeltà alla bandiera. Dunque ancora una volta comprendiamo che coloro che pur cittadini di uno stato abbiano una qualche origine “altra” verranno giudicati secondo altri parametri rispetto ai propri compagni. Questi dovranno dimostrare sempre qualcosa di più e non possono permettersi di sbagliare un tiro. Se giocano bene e contribuiscono ad una vittoria saranno degli eroi, se invece la loro squadra, non certo per colpa loro, perde, saranno degli ingrati e dei buoni a nulla, peggiori degli altri. Questa logica balorda vale in tutti i campi, non solo in quelli sportivi, ed è stato lo stesso per gli ebrei, per i meridionali, per coloro che hanno anche un solo genitore nato altrove. E lo è ancora, da secoli, ovunque esiste un Sud e un Nord, ovunque è presente un ricordo di colonizzatori e colonizzati, di popoli considerati “autoctoni” e non.
Francesco Moises Bassano
(16 luglio 2021)