L’arte, tra identità e narrazione storica
Un’indagine più che ventennale sulla narrazione storica e sul suo rapporto con la costruzione delle identità collettive, una ricerca sul potere dell’immaginazione spesso spinta sino all’inatteso, la volontà di non dare nulla per scontato andando a scavare fra traumi collettivi, speranza di salvezza e desiderio di cambiamento. Questo e molto altro aspetta i visitatori della mostra che il museo ebraico di Berlino dedica – dal 4 giugno e fino a ottobre – all’artista israeliana Yael Bartana, nota per la sua capacità di osservare, documentare, sezionare e infine reinventare rituali pubblici, cerimonie e pratiche sociali.
Non per il semplice gusto di provocare: c’è sempre nelle sue opere, l’intenzione di provocare una visione concretamente attivista, un impegno politico, la riflessione sulla propria responsabilità nella società. La costruzione di una identità collettiva, o il rifiuto. La sua arte provoca una visione attiva, o più precisamente attivista, un impegno a riflettere, un ritorno a quello che è un puro atto politico. La mostra segue un topos che si potrebbe definire quasi escatologico, ossia l’idea ricorrente che un leader possa portare alla salvezza. E arriva alla sua decostruzione, con il video concepito specificamente per il Museo Ebraico di Berlino e girato nei luoghi storici della città che Bartana ha voluto intitolare “Malka Germania” (in ebraico, “Regina Germania”).
È una figura androgina, quella che attraversa la città riempiendone gli spazi con un immaginario collettivo inconscio, passato e futuro fusi in un presente diverso, sino a un tentativo di redenzione collettiva. L’arte nelle sue mani non è consolatoria, assomiglia più a un bisturi con cui colpire dall’interno i meccanismi delle strutture di potere, in equilibrio su quella delicata e sottile linea che sta tra analisi sociologica e immaginazione. Sono filmati, installazioni, fotografie, performance e monumenti pubblici, un tentativo potente di risvegliare l’immaginario collettivo. Yael Bartana indaga su temi come l’identità nazionale, il trauma e lo spostamento, spesso attraverso cerimonie, memoriali, rituali e incontri collettivi.
Ada Treves, Pagine Ebraiche Luglio 2021