Attualità di Spadolini
Su La Repubblica del 17 luglio Andrea Manzella ha ricordato il quarantesimo anniversario della nomina (anzi, della scelta, come egli scrive) di Giovanni Spadolini a Presidente del Consiglio da parte del Presidente della Repubblica Sandro Pertini (“La tripla svolta di Spadolini”).
Manzella, che di Spadolini fu stretto collaboratore, sottolinea alcuni aspetti che fecero sì che quella scelta costituisse una svolta nel sistema politico italiano. Intanto perché la nomina del leader del più piccolo dei partiti italiani diminuì il peso dei partiti stessi, aprendo un percorso che ne avrebbe visto accentuarsi progressivamente la crisi. Il secondo aspetto consisté nel rafforzamento della figura del premier, o per meglio dire, nella restituzione a questa figura dei poteri assegnati dalla Costituzione, tanto da far parlare di “personalizzazione istituzionale del premier”. Un’evoluzione irreversibile che è proseguita con i governi successivi e che ha trovato il suo culmine nei governi Ciampi, Monti e Draghi, che Manzella chiama a ragione ”pseudo tecnici” in quanto pienamente politici. Il terzo aspetto sottolineato da Manzella è l’ampliamento, con quella scelta, dei poteri del Presidente della Repubblica. Manzella conclude sostenendo che in quel caso si affermò uno “spirito costituente che cambia le Costituzioni anche quando le lascia formalmente intatte”.
È una conclusione che in realtà apre nuovi interrogativi: in che misura possono coesistere (per usare un linguaggio invalso anche tra i costituzionalisti) una Costituzione formale e una materiale? Alla lunga una delle due deve necessariamente prendere il sopravvento e quindi o si torna alle vecchie pratiche dei primi decenni della Repubblica oppure si dovrebbe metter mano anche al testo scritto della Costituzione per adeguarlo al nuovo “spirito costituente”. Se non si fa né l’una né l’altra cosa si finisce in un limbo nel quale possono riemergere le tentazioni di definire “tecnici” – e quindi per loro natura passeggeri, provvisori – governi che, come quello Draghi attualmente in carica, hanno dimostrato di avere una carica politica ben superiore a quella di tanti altri governi nati da alchimie di partiti.
Se l’attenzione di un costituzionalista come Manzella è stata attirata soprattutto dalle novità istituzionali rappresentate dal governo Spadolini sia concesso di ricordare che esso rappresentò un momento di discontinuità anche in altri campi, per esempio nella politica estera, dove il nuovo capo del governo tentò di cancellare, senza peraltro riuscirvi pienamente, alcune ambiguità che furono poi alla base del noto episodio di Sigonella e della crisi del primo dei due governi presieduti da Spadolini stesso.
Ma prima ancora di quel clamoroso episodio Spadolini, non ancora Presidente del Consiglio ma neo nominato ministro per i Beni culturali, dette prova della sua volontà di dare a quell’incarico un forte contenuto politico. Nell’aprile 1975, pochi mesi dopo la sua nomina, Spadolini compì la sua prima visita in Israele e in quell’occasione prese decisamente posizione nei confronti dell’Unesco che era giunta a condannare lo Stato ebraico, escludendolo dai suoi finanziamenti, con la grottesca accusa di razzismo. Un’accusa che fu fatta propria l’anno successivo dall’Assemblea generale dell’Onu ma che entrambe le organizzazioni internazionali dovettero cancellare alcuni anni dopo, in un mutato contesto politico.
In quei difficili momenti Spadolini fu uno dei pochi leader politici a prendere posizione con vigore e a denunciare l’infamia del quella decisione.
Valentino Baldacci
(21 luglio 2021)